lunedì, luglio 28, 2025

Architettura Organica come amore per la natura, per il prossimo e per Gesù, di Carlo Sarno


Architettura Organica come amore 
per la natura, per il prossimo e per Gesù

di Carlo Sarno




L'Architettura Organica, nel suo significato più profondo, è intrinsecamente legata all'amore: amore per la natura, per il prossimo e - per chi ha una fede cristiana - per Gesù. Non è solo uno stile, ma una filosofia di vita e di progettazione che cerca l'armonia e l'integrazione, riflettendo valori che si incontrano con i principi cristiani.



Amore per la Natura

L'architettura organica pone al centro il rispetto e l'integrazione con l'ambiente naturale. Non si tratta di imporre una struttura al paesaggio, ma di farla nascere da esso, come se fosse parte integrante del suo ecosistema. Questo si traduce in:

Armonia e Integrazione con il Paesaggio: Gli edifici organici cercano di fondersi con il paesaggio, piuttosto che dominarlo. Questo significa rispettare la topografia esistente, la vegetazione e le risorse naturali come la luce solare e la ventilazione. È un atto di umiltà e venerazione verso la creazione.

Uso di materiali naturali, sostenibilità, rispetto delle risorse: Si privilegiano materiali locali, ecocompatibili, che invecchiano bene e si integrano visivamente con l'ambiente. Questo riduce l'impatto ambientale e valorizza le risorse del territorio. L'uso di materiali locali, riciclabili e a basso impatto ambientale, così come l'implementazione di sistemi energetici efficienti, riflette una profonda cura per il benessere del pianeta. È un modo per custodire la Terra, un compito spesso associato alla visione cristiana della creazione.

Forme e Materiali Ispirati alla Natura: Le curve, le spirali, le forme irregolari e l'uso di legno, pietra e terra, richiamano le strutture che troviamo in natura, creando un senso di calma e benessere. Vivere in spazi che risuonano con la bellezza naturale può elevare lo spirito.

Efficienza energetica e riduzione degli sprechi: La progettazione mira a minimizzare il consumo energetico, sfruttando al massimo la luce naturale, l'isolamento termico e i sistemi di ventilazione passiva. Questo amore per il creato si manifesta nella custodia responsabile delle risorse terrestri, un principio fondamentale anche nella dottrina cristiana.

Integrazione con il Paesaggio: Gli edifici organici cercano di fondersi con il paesaggio, piuttosto che dominarlo. Questo significa rispettare la topografia esistente, la vegetazione e le risorse naturali come la luce solare e la ventilazione. È un atto di umiltà e venerazione verso la creazione.



ESEMPIO:

Frank Lloyd Wright (Stati Uniti, 1867-1959)
Considerato il padre dell'architettura organica, Wright ha sviluppato una filosofia di design che enfatizzava l'armonia tra l'uomo, l'edificio e la natura. Le sue opere sono caratterizzate da linee armoniche, integrazione con il paesaggio e l'uso di materiali naturali.

Fallingwater (Casa sulla cascata), Mill Run, Pennsylvania, USA (1939)
È l'esempio più iconico dell'architettura organica. La casa è letteralmente costruita sopra una cascata, con terrazze a sbalzo che si estendono sul ruscello. Le rocce locali sono state incorporate nella struttura e i materiali (cemento, pietra, vetro) si fondono con l'ambiente circostante. L'idea era che la natura non fosse solo uno sfondo, ma parte integrante dell'esperienza abitativa.
L'estremo rispetto per il sito e la volontà di "collaborare" con la natura preesistente incarnano l'amore per la natura. La creazione di uno spazio così immersivo e rigenerante per l'occupante riflette anche un'attenzione al benessere umano.

Taliesin West, Scottsdale, Arizona, USA (1937)
Residenza invernale e scuola di Wright, è un capolavoro di architettura adattata al deserto. Utilizza rocce del deserto e sabbia locali per il cemento, e le strutture in tela e legno erano progettate per aprirsi e chiudersi in base al clima.
Dimostra un profondo adattamento e rispetto per le condizioni climatiche estreme e i materiali disponibili in loco, esprimendo un amore pratico e profondo per la natura.




Amore per il Prossimo

L'architettura organica si preoccupa profondamente del benessere e della qualità della vita degli occupanti. Questo si lega all'amore per il prossimo, dove l'architettura diventa un mezzo per migliorare la vita delle persone, creando ambienti che nutrono lo spirito e il corpo, promuovendo dignità e comunione. Un edificio organico è progettato "a misura d'uomo", creando spazi che favoriscono:

Salute e Benessere Umano: Gli spazi organici spesso mirano a migliorare la salute fisica e mentale degli occupanti attraverso l'abbondanza di luce naturale, aria fresca, materiali non tossici e connessione visiva con la natura. Creare ambienti sani è un modo concreto per prendersi cura del benessere degli altri.

Flessibilità e adattabilità: Spazi che possono evolvere e adattarsi alle esigenze mutevoli di chi li abita, promuovendo un senso di appartenenza e identità.

Accessibilità e Inclusione: Un design attento alle esigenze di tutti, che consideri l'accessibilità e la funzionalità per diverse abilità, è un'espressione di rispetto e amore per ogni individuo.

Comunità e Connessione: L'architettura organica può promuovere un senso di comunità attraverso spazi aperti, giardini condivisi o layout che incoraggiano l'interazione. La creazione di luoghi accoglienti e inclusivi può riflettere l'invito all'amore e alla fratellanza.



ESEMPIO:

Alvar Aalto (Finlandia, 1898-1976)
Aalto è noto per il suo approccio umanistico al modernismo e per l'uso caldo e sensibile dei materiali naturali, in particolare il legno. Le sue forme organiche e la sua attenzione all'esperienza umana rendono le sue opere profondamente organiche.

Sanatorio di Paimio, Paimio, Finlandia (1933)
Progettato per i pazienti affetti da tubercolosi, ogni dettaglio era pensato per il loro benessere e la loro guarigione. L'orientamento per massimizzare la luce solare, l'uso di colori riposanti, lavandini silenziosi per non disturbare gli altri pazienti e balconcini privati per ogni stanza sono esempi di un design profondamente umano.
L'attenzione scrupolosa alla salute e al comfort del paziente è un esempio lampante di "amore per il prossimo" tradotto in architettura. L'integrazione con il paesaggio boschivo circostante sottolinea anche l'amore per la natura.

Villa Mairea, Noormarkku, Finlandia (1939)
Una residenza privata che fonde il modernismo con un profondo senso di calore e natura. Aalto ha utilizzato un mix di materiali come legno, pietra e mattoni, con colonne che ricordano tronchi d'albero e spazi che si aprono fluidamente verso il giardino.
L'uso sensibile dei materiali naturali e la fluidità degli spazi interni-esterni esprimono un amore per la natura. La creazione di un ambiente così armonioso e accogliente per la famiglia che vi abitava mostra anche cura per il prossimo.




Amore per Gesù (e valori cristiani)

Per molti architetti, l'architettura organica può essere una manifestazione concreta della fede e dell'amore per Dio, che si esprime attraverso il creato e l'amore per l'umanità. Sebbene l'architettura organica non sia intrinsecamente religiosa, i suoi principi si allineano e incontrano con valori cristiani. Alcuni aspetti di una prospettiva cristiana dell'architettura organica:

Amore per la creazione: La Bibbia insegna che la creazione è un dono di Dio e l'uomo è chiamato a custodirla. L'architettura organica, con il suo profondo rispetto per la natura, può essere vista come un atto di lode e gratitudine verso il Creatore.

Semplicità e umiltà: L'eliminazione del superfluo e la ricerca della funzionalità e dell'integrità, del rispetto dell'ambiente tipiche dell'architettura organica, risuonano con i valori cristiani di umiltà e distacco dai beni materiali.

Bellezza e verità: La ricerca di un'armonia intrinseca tra forma, funzione, materiali e ambiente può essere interpretata come una ricerca della bellezza che riflette la verità divina. L'arte, compresa l'architettura, può essere un veicolo per esprimere la spiritualità e connettersi con il trascendente e l'Ordine Divino.

Servizio al prossimo e al Bene Comune: Costruire in modo sostenibile e creare ambienti sani e accoglienti è un modo per servire il prossimo e contribuire al bene comune, seguendo l'esempio di carità di Gesù. Progettare spazi che promuovano il benessere, la salute e la comunità, piuttosto che solo il profitto o l'individualismo, può essere visto come un atto di servizio, in linea con l'esortazione di Gesù ad amare il prossimo come se stessi.



ESEMPIO: 

Antoni Gaudí (Spagna 1852-1926) 
Antoni Gaudi è un architetto emblematico di come l'architettura organica possa fondersi con una profonda spiritualità e fede cristiana. Le sue opere, come la Sagrada Familia, sono ricche di simbolismo religioso e ispirate alle forme della natura, viste come espressione della creazione divina. Gaudí non solo incorporava elementi naturali nelle sue strutture, ma considerava il suo lavoro un atto di devozione e lode a Dio.
Sebbene storicamente associato al Modernismo catalano, l'opera di Gaudí è profondamente organica e spirituale, attingendo direttamente dalle forme della natura e da una profonda fede cristiana.

Sagrada Família, Barcellona, Spagna (iniziata nel 1882, ancora in costruzione)
Questa basilica è un inno alla natura e alla fede. Le colonne all'interno imitano alberi ramificati, le volte sono come foglie di palma e le facciate sono popolate da sculture ispirate a piante e animali, oltre a figure bibliche. Ogni elemento ha un significato simbolico e strutturale ispirato al mondo naturale.
La Sagrada Família è un'espressione monumentale di: 
amore per la natura: attraverso l'imitazione delle sue forme e strutture, 
amore per il prossimo: essendo un tempio aperto a tutti,
e, soprattutto, amore per Gesù e la fede cristiana: con ogni dettaglio che celebra la creazione divina e la storia della salvezza. 
È forse l'esempio più diretto di come l'architettura possa essere una preghiera in pietra a gloria di Dio.



Conclusioni:

L'Architettura Organica, nel suo desiderio di creare armonia tra uomo, edificio e natura, può essere un mezzo potente per esprimere e vivere i valori dell'amore per la natura, per il prossimo e per una visione spirituale che riconosce la sacralità della creazione e il valore intrinseco di ogni essere vivente. Non è solo uno stile architettonico, ma può diventare una filosofia di vita che si traduce in spazi edificanti e significativi.
L'Architettura Organica, attraverso il suo impegno per l'armonia con la natura e il benessere umano, può essere interpretata come un'espressione tangibile di quell'amore universale che, nella fede cristiana, trova la sua fonte e il suo modello in Gesù Cristo.






sabato, luglio 26, 2025

Progettare per amore del prossimo e per amore di Gesù: spunti di riflessione, di Carlo Sarno


Progettare 
per amore del prossimo e per amore di Gesù: 
spunti di riflessione

di Carlo Sarno




Il rapporto tra architettura e amore è profondo e sfaccettato, manifestandosi a diversi livelli:

1. L'Architettura come Espressione di Sentimento

L'architettura, come ogni forma d'arte, può essere una potente espressione di amore. Questo può tradursi in:

Amore per una persona: Numerosi edifici storici sono stati commissionati e realizzati come testimonianza di un amore profondo. Il Taj Mahal in India, costruito dall'imperatore Shah Jahan per la sua amata moglie Mumtaz Mahal, ne è l'esempio più celebre. Ma anche il Castello di Mirabell a Salisburgo, eretto dal principe vescovo Wolf Dietrich Raitenau per la sua amante, o il Tempio di Nefertari voluto da Ramses II per la sua sposa, dimostrano come l'amore possa ispirare grandiosi progetti architettonici.

Amore per l'umanità e la comunità: L'architettura può essere un atto d'amore verso la collettività, creando spazi che promuovono il benessere, l'incontro e la coesione sociale. Progettare scuole, ospedali, spazi pubblici accoglienti e funzionali è un modo per esprimere cura e rispetto per le persone che li abiteranno. L'architetto Alfonso Femia sottolinea come il ruolo del progettista sia quello di creare "placemaker", luoghi che favoriscano le relazioni e il senso di appartenenza.

Amore per la natura e l'ambiente: L'architettura organica è un esempio calzante di questo tipo di amore. Progettare edifici che si integrano armoniosamente con il paesaggio, utilizzando materiali naturali e pratiche sostenibili, riflette un profondo rispetto e amore per il mondo che ci circonda. Le opere di Frank Lloyd Wright e di Antoni Gaudi, ad esempio, esprimono bene l'integrazione con la natura e l'ambiente.

Amore per Dio: L'architettura come amore per Gesù è un atto di devozione che si traduce in una profonda riflessione su come lo spazio fisico possa facilitare l'incontro con il divino, nutrire la comunità e celebrare la fede in modo duraturo e significativo. L'architettura diviene liturgia, servizio per rendere al meglio lode, onore e gloria a Dio.




2. L'Architettura e le Relazioni Umane

Gli spazi che abitiamo influenzano profondamente le nostre emozioni e le nostre relazioni. La psicologia dell'architettura studia proprio come le caratteristiche degli ambienti incidano sulla percezione dell'identità personale, sui legami affettivi e sul benessere psicologico. Una casa progettata con amore e attenzione alle esigenze degli abitanti può diventare il "riflesso dell'anima della coppia", favorendo sane abitudini e rispetto reciproco.
L'architettura, quindi, non è solo una questione di tecnica e materiali, ma anche di comprensione profonda delle esigenze umane ed emotive. Creare ambienti che generano serenità, intimità, connessione, è un gesto che si avvicina all'amore in quanto mira al benessere dell'altro.


3. L'Amore nel Processo Creativo dell'Architetto

Per molti architetti, la progettazione è un atto d'amore in sé. Gio Ponti esortava ad "Amare l'Architettura" e sottolineava come le opere d'arte nascano da un intenso sentimento. La passione, la dedizione, la cura dei dettagli e la volontà di creare qualcosa di significativo sono elementi intrinseci al processo creativo che possono essere assimilati all'amore. Il rapporto tra architetto e committente, specialmente in passato, poteva essere inteso quasi come una relazione di co-creazione basata sulla fiducia e su una visione condivisa, come suggerito nel "Trattato" di Filarete che definiva l'opera architettonica "figlia" di architetto-madre e committente-padre.

In sintesi, l'architettura e l'amore sono legati da un filo invisibile ma potente: l'architettura può nascere da un atto d'amore, può celebrare l'amore, e può creare spazi che nutrono l'amore e le relazioni umane e con Dio. È una disciplina che, nella sua espressione più elevata, trascende la mera funzionalità per toccare le corde più profonde dell'esperienza umana e divina.

L'Architettura Organica è intrinsecamente legata all'amore. Nell'articolo "Architettura Organica è Architettura con Amore", di Carlo Sarno si afferma che:
L'amore è l'essenza dell'architetto: Proprio come nella fede cristiana l'Amore è l'essenza di Dio che si manifesta nella creazione, così per l'architettura intesa come creazione poetica, l'essenza dell'architetto si manifesta nel suo Amore. Tutte le opere d'arte nascono da un intenso sentimento di Amore.
L'architettura organica come "luce": L'Architettura Organica intesa come Amore è "luce", e il principio dell'Amore illumina tutte le buone opere dell'umanità.
Costruire con amore: Citando un passo biblico (Proverbi 24,3/4), aggiunge che "con l'amore si vive, si abita, si progetta e si costruisce organicamente in maniera sostenibile e naturale".
Un atto d'amore: In definitiva, una buona Architettura Organica è "un Atto di Amore che nasce da una Storia di Amore".
Quindi l'architettura, in particolare quella organica, è non solo una disciplina tecnica o estetica, ma una manifestazione profonda di amore, sia da parte del creatore (l'architetto) che nel suo impatto sulla vita e sul benessere delle persone che abiteranno gli spazi.




PROGETTARE ABITAZIONI E CITTA' PER AMORE DI GESU'

Progettare abitazioni e città "per amore di Gesù" significa adottare una prospettiva che va oltre la mera funzionalità o estetica, radicando il design in principi cristiani di carità, giustizia, comunità e cura del creato. Si tratta di creare ambienti che favoriscano il benessere spirituale e fisico, promuovano relazioni sane e riflettano i valori del Vangelo.


1. Principi Guida Ispirati all'Amore di Gesù

Per progettare con amore di Gesù, è fondamentale partire da questi principi:

Dignità Umana al Centro: Ogni persona è creata a immagine e somiglianza di Dio. Le abitazioni e gli spazi urbani devono quindi onorare questa dignità, offrendo sicurezza, privacy, bellezza e accesso alle risorse essenziali per tutti, specialmente per i più vulnerabili.

Comunità e Relazione: Gesù ha predicato l'amore per il prossimo. Il design dovrebbe incoraggiare l'incontro, la solidarietà e la costruzione di legami comunitari, contrastando l'isolamento e l'individualismo.

Sussidiarietà e Partecipazione: Dare voce e potere decisionale alle persone che abiteranno e useranno gli spazi. Questo significa coinvolgere le comunità nel processo di progettazione.

Custodia del Creato: Gesù è il Verbo attraverso cui tutto è stato creato. Progettare con amore di Gesù implica una profonda responsabilità ecologica, curando l'ambiente come dono di Dio e promuovendo la sostenibilità.

Giustizia Sociale: Le città e le abitazioni dovrebbero ridurre le disuguaglianze, non aumentarle. L'accesso a servizi, infrastrutture e alloggi dignitosi deve essere equo per tutti, indipendentemente dal reddito o dallo status sociale.


2. Progettazione di Abitazioni: La Casa come Santuario e Luogo di Condivisione

Una casa progettata per amore di Gesù non è solo un riparo, ma un luogo che nutre l'anima e le relazioni:

Spazi per la Preghiera e la Riflessione: Integrare, anche in piccole dimensioni, aree dedicate alla preghiera, alla meditazione o alla lettura spirituale. Può essere un angolo tranquillo, un piccolo altare domestico, o semplicemente un'attenzione particolare alla luce e all'atmosfera.

Accoglienza e Ospitalità: Progettare spazi che facilitino l'accoglienza di ospiti, familiari e amici. Ambienti aperti, cucine e sale da pranzo che invitano alla convivialità, e persino una stanza aggiuntiva per chi è nel bisogno, possono riflettere lo spirito cristiano dell'ospitalità.

Sostenibilità e Semplicità: Utilizzare materiali ecologici, privilegiare l'efficienza energetica e promuovere un design che eviti lo spreco. La semplicità evangelica non significa povertà, ma un rifiuto del superfluo in favore di ciò che è essenziale e duraturo.

Luce Naturale e Armonia: Massimizzare l'uso della luce naturale, simbolo di Cristo luce del mondo, per creare ambienti luminosi e confortevoli. Armonia delle forme e dei colori che generi pace interiore.

Accessibilità per Tutti: Progettare case che siano vivibili per persone di tutte le età e abilità, anticipando le esigenze di mobilità ridotta o di famiglie multigenerazionali.


3. Progettazione di Città: La Città come Comunità Giusta e Inclusiva

Una città progettata per amore di Gesù è una città che riflette il Regno di Dio, dove la giustizia e l'amore sono palpabili:

Spazi Pubblici Accoglienti e Inclusivi: Creare piazze, parchi e aree verdi che siano veri luoghi di incontro per tutti, dove le persone possano socializzare, giocare, rilassarsi e sentirsi al sicuro. Eliminare le barriere architettoniche e promuovere la miscela sociale.

Accesso Equo ai Servizi: Assicurare che scuole, ospedali, centri sociali, trasporti pubblici e negozi siano facilmente accessibili a tutti i residenti, riducendo la necessità di lunghi spostamenti e l'esclusione di chi non possiede mezzi privati.

Quartieri a Misura d'Uomo: Favorire lo sviluppo di quartieri con identità forte, dove le persone possano sentirsi parte di una comunità, con servizi di prossimità e opportunità di interazione. Questo può includere la promozione di architetture che favoriscano la relazione vicinale (es. cortili comuni, spazi condivisi).

Sostenibilità Ecologica e Resilienza: Progettare città resilienti ai cambiamenti climatici, con ampie aree verdi, infrastrutture per la gestione dell'acqua piovana, promozione della mobilità dolce (pedonale e ciclabile) e uso di energie rinnovabili. Questo riflette la cura per la creazione.

Architettura e Arte Pubblica Significativa: Integrare l'arte pubblica e l'architettura che elevano lo spirito, che raccontano storie di speranza, di giustizia e di fede, o che semplicemente portano bellezza e contemplazione negli spazi urbani. Considerare la possibilità di spazi per il culto o la riflessione aperti a tutti.

Miscela di Funzionale e Sociale: Incoraggiare la coesistenza di diverse funzioni (residenziale, commerciale, ricreativa) e di diverse classi sociali nello stesso quartiere, per favorire l'integrazione e ridurre la segregazione.

Progettare abitazioni e città per amore di Gesù è una sfida complessa ma profondamente gratificante. Richiede un approccio olistico che integri principi teologici con le migliori pratiche di urbanistica e architettura, sempre con l'obiettivo di servire l'essere umano, rispettare il Creato e lodare e glorificare Dio.




COSTRUIRE CHIESE PER AMORE DI GESU'

Costruire chiese "per amore di Gesù" significa affrontare il progetto non solo da un punto di vista architettonico e funzionale, ma anche con una profonda comprensione teologica e spirituale. L'obiettivo è creare uno spazio che sia sacro, che inviti alla preghiera, alla riflessione e alla comunione, e che onori la figura di Gesù Cristo e la fede cristiana.


1. Comprensione Teologica e Liturgica

Prima ancora di disegnare, è fondamentale immergersi nel significato della chiesa come "casa di Dio" e "casa del popolo di Dio". Questo implica:

Significato del Culto: Comprendere a fondo le esigenze liturgiche (Messa, battesimi, matrimoni, funerali). Ogni elemento – l'altare, l'ambone, il fonte battesimale, il tabernacolo – ha un ruolo specifico e un significato simbolico che deve essere rispettato e valorizzato dall'architettura.

Simbolismo Cristiano: Integrare simboli cristiani in modo significativo, non solo decorativo. Croci, pesci, alfa e omega, l'agnello, il pane e il vino, la colomba dello Spirito Santo possono essere elementi guida per le forme, i materiali e le decorazioni.

Luce: La luce naturale è spesso vista come simbolo della presenza divina e della verità. Progettare con la luce significa usarla per evidenziare elementi sacri, creare atmosfere contemplative o trasmettere un senso di trascendenza.

Acustica: Una buona acustica è cruciale per la comprensione della Parola e per il canto comunitario, elementi centrali della liturgia.


2. Funzionalità e Accoglienza

Una chiesa, per quanto sacra, deve essere funzionale e accogliente per la comunità che la vive:

Spazi Funzionali: Prevedere spazi adeguati per la navata (assemblea), il presbiterio (altare, ambone), la sacrestia, confessionali, cappelle laterali (se previste), uffici parrocchiali e spazi per l'incontro comunitario (aule catechistiche, oratori, ecc.).

Accessibilità: Rendere la chiesa accessibile a tutti, inclusi anziani, disabili e famiglie con bambini. Rampe, ascensori, bagni accessibili sono essenziali.

Comfort: Assicurare condizioni ambientali confortevoli (temperatura, ventilazione) per permettere ai fedeli di concentrarsi sulla celebrazione.

Flessibilità: In alcuni casi, considerare una certa flessibilità negli spazi per adattarsi a diverse esigenze pastorali o eventi speciali.


3. Estetica e Materiali

L'amore per Gesù e per la fede si manifesta anche nella bellezza e nella dignità dei materiali e delle forme:

Materiali: Scegliere materiali duraturi, nobili e, se possibile, locali, che riflettano un senso di permanenza e rispetto per il sacro. Pietra, legno, vetro e metalli possono essere usati con maestria. La loro autenticità può contribuire a creare un'atmosfera di onestà e integrità.

Forme: Le forme architettoniche possono evocare spiritualità. Che siano linee semplici e pure che invitano alla contemplazione, o forme più complesse che simboleggiano misteri divini, le scelte formali dovrebbero elevare lo spirito.

Arte Sacra: Integrare l'arte sacra (affreschi, vetrate, sculture) in modo armonioso, affinché contribuisca all'esperienza spirituale senza distrarre. L'arte deve narrare la storia della salvezza e invitare alla preghiera.

Sostenibilità: Costruire con amore oggi significa anche costruire in modo sostenibile, riducendo l'impatto ambientale e garantendo che l'edificio possa servire la comunità per generazioni future. Questo può includere l'uso di energie rinnovabili, isolamento termico efficace e gestione delle risorse idriche.


4. Coinvolgimento della Comunità e della Tradizione

Dialogo con la Comunità: L'architetto dovrebbe dialogare strettamente con la comunità parrocchiale e il clero per comprendere le loro aspettative, la loro spiritualità e le loro tradizioni specifiche.

Rispetto della Tradizione: Pur innovando, è importante mantenere un dialogo con la ricca tradizione dell'architettura sacra cristiana, comprendendo come le generazioni precedenti hanno interpretato e costruito questi spazi. Questo non significa copiare, ma attingere a principi atemporali.

Costruire una chiesa per amore di Gesù è un atto di devozione che si traduce in una profonda riflessione su come lo spazio fisico possa facilitare l'incontro con il divino, nutrire la comunità e celebrare la fede in modo duraturo e significativo. È un progetto che unisce architettura, teologia, arte e amore per il prossimo e Dio.






mercoledì, luglio 16, 2025

Amatevi gli uni e gli altri, di p. Hugh Duffy


AMATEVI GLI UNI E GLI ALTRI

di p. Hugh Duffy




Immaginate una piccola città dove i vicini accorrono in aiuto quando qualcuno si ammala, dove gli sconosciuti diventano amici condividendo i pasti e dove il perdono scorre libero come il caffè del mattino. Questa non è una favola: è uno scorcio del regno che Gesù ci ha chiamato a costruire, un cuore alla volta.

Nel capitolo 10 di Luca, Gesù diede quello che potrebbe essere l'ordine di marcia più radicale della storia. Non mandò i suoi seguaci a conquistare territori o ad accumulare ricchezze. Li incaricò invece di diffondere qualcosa di molto più potente: il regno di Dio. Ma cos'è esattamente questo regno che Gesù ci ha chiesto di stabilire in ogni città, in ogni quartiere, in ogni angolo del nostro mondo? È qui che Gesù capovolge completamente la nostra comprensione del regno. Il suo regno non è costruito con spade o sostenuto dall'oro. Non si tratta di salire scale o rivendicare troni. No, il regno che Gesù immaginava è qualcosa di più semplice e profondo: è un regno d'amore. "Amatevi gli uni gli altri", dichiarò Gesù, "come io vi ho amati". Queste parole non sono solo un suggerimento nascosto in un sermone. Sono le pietre miliari del suo rivoluzionario regno d'amore che avrebbe rimodellato il modo in cui viviamo, interagiamo e ci trattiamo a vicenda.

Ma come possiamo trasformare questo splendido ideale in realtà tangibile? Come possiamo far sì che il regno d'amore di Cristo prenda vita nella nostra vita quotidiana? La risposta è splendidamente semplice: vivendolo. Seguiamo l'esempio d'amore di Gesù non solo la domenica, ma anche nel traffico del lunedì mattina, nelle difficili conversazioni al lavoro del martedì e nelle sfide inaspettate del mercoledì. C'è un incontro straordinario nei Vangeli che illumina perfettamente questa verità. Gesù incontra una donna samaritana presso un pozzo, una donna considerata eretica dall'establishment religioso. Nella loro conversazione, solleva una domanda che riecheggia ancora oggi: "Dove dovremmo adorare? Gli ebrei dicono nel tempio, ma noi samaritani adoriamo sul monte". La risposta di Gesù taglia secoli di dibattito religioso con una chiarezza fulminante: "Viene il tempo, ed è già qui, in cui gli uomini adoreranno in spirito e verità".



Cosa intendeva dire? Considerate questo: la vera adorazione non è confinata in edifici o vincolata alle tradizioni. L'adorazione, nel suo senso più profondo, è mettere in pratica la volontà di Dio. È vivere il regno di Dio in tempo reale, in relazioni reali, in circostanze reali, nella grazia del momento presente. E qual è la volontà di Dio? Gesù non avrebbe potuto spiegarlo in modo più chiaro: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi". O, come insegnò nel Discorso della Montagna, "Fate agli altri ciò che vorreste che gli altri facessero a voi".

Ora, non fraintendetemi: riunirsi in chiesa ha il suo significato. Questi spazi sacri riuniscono le persone per ascoltare la Parola di Dio, comprenderla più profondamente e incoraggiarsi a vicenda nella fede. Il culto pubblico rafforza il corpo di Cristo e nutre l'anima. Ma a cosa serve se non trasforma il modo in cui viviamo nella vita reale? Ecco una verità fondamentale: il culto esiste ben oltre le mura della chiesa. È insito nel modo in cui trattiamo il cassiere che ha una brutta giornata, nel modo in cui rispondiamo al vicino il cui cane continua ad abbaiare, nel modo in cui gestiamo il collega che si prende il merito delle nostre idee. L'apostolo Paolo ha catturato questo concetto magnificamente quando scrisse in Romani 12 di presentare le nostre vite come "sacrifici viventi" a Dio. Questa è adorazione nella sua massima espressione: condurre la nostra vita quotidiana in modi che piacciono a Dio, alimentati dalla sua Parola e dall'esempio di Suo Figlio.

Questo è il cuore del regno di Dio sulla terra: esiste ovunque l'amore di Cristo fluisca nei cuori e nelle mani degli uomini. Non è una destinazione lontana che raggiungeremo un giorno: è una realtà presente che creiamo oggi attraverso ogni atto d'amore, ogni parola di incoraggiamento, ogni gesto di grazia. Quando amiamo come ha amato Gesù, stiamo attivamente costruendo il regno di Dio, mattone dopo mattone, cuore dopo cuore, relazione dopo relazione. Ovunque esista questo tipo di amore – nelle case, negli uffici, nelle scuole e nelle strade – il regno di Dio è lì, vivo e prospero.

L'invito che ci viene rivolto è: saremo costruttori del Regno di Dio? Lasceremo che l'amore di Cristo fluisca attraverso di noi in un mondo disperatamente affamato di autentica spiritualità? La scelta è nostra, e il momento è adesso. Dopotutto, il Regno di Dio non verrà un giorno: è già qui, come disse Gesù alla donna al pozzo, in attesa di essere vissuto.




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sabato, luglio 12, 2025

IL DECORO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA, di Papa Giovanni Paolo II


LETTERA ENCICLICA
ECCLESIA DE EUCHARISTIA
DI PAPA GIOVANNI PAOLO II

CAPITOLO QUINTO 

IL DECORO
DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
 




47. Chi legge nei Vangeli sinottici il racconto dell'istituzione eucaristica, resta colpito dalla semplicità e insieme dalla « gravità », con cui Gesù, la sera dell'Ultima Cena, istituisce il grande Sacramento. C'è un episodio che, in certo senso, fa da preludio: è l'unzione di Betania. Una donna, identificata da Giovanni con Maria sorella di Lazzaro, versa sul capo di Gesù un vasetto di profumo prezioso, provocando nei discepoli – in particolare in Giuda (cfr Mt 26,8; Mc 14,4; Gv 12,4) – una reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle esigenze dei poveri, costituisse uno « spreco » intollerabile. Ma la valutazione di Gesù è ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli indigenti, ai quali i discepoli si dovranno sempre dedicare – « i poveri li avete sempre con voi » (Mt 26,11; Mc 14,7; cfr Gv 12,8) – Egli guarda all'evento imminente della sua morte e della sua sepoltura, e apprezza l'unzione che gli è stata praticata quale anticipazione di quell'onore di cui il suo corpo continuerà ad essere degno anche dopo la morte, indissolubilmente legato com'è al mistero della sua persona. 

Il racconto continua, nei Vangeli sinottici, con l'incarico dato da Gesù ai discepoli per l'accurata preparazione della «  grande sala » necessaria per consumare la cena pasquale (cfr Mc 14,15; Lc 22, 12), e con la narrazione dell'istituzione dell'Eucaristia. Lasciando almeno in parte intravedere il quadro dei riti ebraici della cena pasquale fino al canto dell'Hallel (cfr Mt 26,30; Mc 14,26), il racconto offre in maniera concisa quanto solenne, pur nelle varianti delle diverse tradizioni, le parole dette da Cristo sul pane e sul vino, da Lui assunti quali concrete espressioni del suo corpo donato e del suo sangue versato. Tutti questi particolari sono ricordati dagli Evangelisti alla luce di una prassi di « frazione del pane » ormai consolidata nella Chiesa primitiva. Ma certo, fin dalla storia vissuta di Gesù, l'evento del Giovedì Santo porta visibilmente i tratti di una « sensibilità » liturgica, modulata sulla tradizione antico- testamentaria e pronta a rimodularsi nella celebrazione cristiana in sintonia col nuovo contenuto della Pasqua. 

48. Come la donna dell'unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di « sprecare  », investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell'Eucaristia. Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la « grande sala », essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell'avvicendarsi delle culture a celebrare l'Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero. Sull'onda delle parole e dei gesti di Gesù, sviluppando l'eredità rituale del giudaismo, è nata la liturgia cristiana. E in effetti, che cosa mai potrebbe bastare, per esprimere in modo adeguato l'accoglienza del dono che lo Sposo divino continuamente fa di sé alla Chiesa-Sposa, mettendo alla portata delle singole generazioni di credenti il Sacrificio offerto una volta per tutte sulla Croce, e facendosi nutrimento di tutti i fedeli? Se la logica del « convito » ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa « dimestichezza » col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il « convito » resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota. Il Convito eucaristico è davvero convito « sacro », in cui la semplicità dei segni nasconde l'abisso della santità di Dio: «  O Sacrum convivium, in quo Christus sumitur! ». Il pane che è spezzato sui nostri altari, offerto alla nostra condizione di viandanti in cammino sulle strade del mondo, è « panis angelorum », pane degli angeli, al quale non ci si può accostare che con l'umiltà del centurione del Vangelo: « Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto » (Mt 8,8; Lc 7,6). 

49. Sull'onda di questo elevato senso del mistero, si comprende come la fede della Chiesa nel Mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l'istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne, volte ad evocare e sottolineare la grandezza dell'evento celebrato. Nasce da questo il percorso che ha condotto, progressivamente, a delineare uno speciale statuto di regolamentazione della liturgia eucaristica, nel rispetto delle varie tradizioni ecclesiali legittimamente costituite. Su questa base si è sviluppato anche un ricco patrimonio di arte. L'architettura, la scultura, la pittura, la musica, lasciandosi orientare dal mistero cristiano, hanno trovato nell'Eucaristia, direttamente o indirettamente, un motivo di grande ispirazione. 

È stato così, ad esempio, per l'architettura, che ha visto il passaggio, non appena il contesto storico lo ha consentito, dalle iniziali sedi eucaristiche poste nelle « domus » delle famiglie cristiane alle solenni basiliche dei primi secoli, alle imponenti cattedrali del Medioevo, fino alle chiese grandi o piccole, che hanno via via costellato le terre raggiunte dal cristianesimo. Le forme degli altari e dei tabernacoli si sono sviluppate dentro gli spazi delle aule liturgiche seguendo di volta in volta non solo i motivi dell'estro, ma anche i dettami di una precisa comprensione del Mistero. Altrettanto si può dire della musica sacra, se solo si pensa alle ispirate melodie gregoriane, ai tanti e spesso grandi autori che si sono cimentati con i testi liturgici della Santa Messa. E non si rileva forse un'enorme quantità di produzioni artistiche, dalle realizzazioni di un buon artigianato alle vere opere d'arte, nell'ambito degli oggetti e dei paramenti utilizzati per la Celebrazione eucaristica? 

Si può dire così che l'Eucaristia, mentre ha plasmato la Chiesa e la spiritualità, ha inciso fortemente sulla « cultura », specialmente in ambito estetico. 

50. In questo sforzo di adorazione del Mistero colto in prospettiva rituale ed estetica, hanno, in certo senso, « gareggiato » i cristiani dell'Occidente e dell'Oriente. Come non rendere grazie al Signore, in particolare, per il contributo dato all'arte cristiana dalle grandi opere architettoniche e pittoriche della tradizione greco-bizantina e di tutta l'area geografica e culturale slava? In Oriente l'arte sacra ha conservato un senso singolarmente forte del mistero, spingendo gli artisti a concepire il loro impegno nella produzione del bello non soltanto come espressione del loro genio, ma anche come autentico servizio alla fede. Essi, andando ben oltre la semplice perizia tecnica, hanno saputo aprirsi con docilità al soffio dello Spirito di Dio. 

Gli splendori delle architetture e dei mosaici nell'Oriente e nell'Occidente cristiano sono un patrimonio universale dei credenti, e portano in se stessi un auspicio, e direi un pegno, della desiderata pienezza di comunione nella fede e nella celebrazione. Ciò suppone ed esige, come nel celebre dipinto della Trinità di Rublëv, una Chiesa profondamente « eucaristica », in cui la condivisione del mistero di Cristo nel pane spezzato è come immersa nell'ineffabile unità delle tre Persone divine, facendo della Chiesa stessa un'« icona » della Trinità. 

In questa prospettiva di un'arte tesa ad esprimere, in tutti i suoi elementi, il senso dell'Eucaristia secondo l'insegnamento della Chiesa, occorre prestare ogni attenzione alle norme che regolano la costruzione e l'arredo degli edifici sacri. Ampio è lo spazio creativo che la Chiesa ha sempre lasciato agli artisti, come la storia dimostra e come io stesso ho sottolineato nella Lettera agli artisti.100 Ma l'arte sacra deve contraddistinguersi per la sua capacità di esprimere adeguatamente il Mistero colto nella pienezza di fede della Chiesa e secondo le indicazioni pastorali convenientemente offerte dall'Autorità competente. È questo un discorso che vale per le arti figurative come per la musica sacra. 

51. Ciò che è avvenuto nelle terre di antica cristianizzazione in tema di arte sacra e di disciplina liturgica, si va sviluppando anche nei continenti in cui il cristianesimo è più giovane. È, questo, l'orientamento fatto proprio dal Concilio Vaticano II a proposito dell'esigenza di una sana quanto doverosa « inculturazione ». Nei miei numerosi viaggi pastorali ho avuto modo di osservare, in tutte le parti del mondo, di quanta vitalità sia capace la Celebrazione eucaristica a contatto con le forme, gli stili e le sensibilità delle diverse culture. Adattandosi alle cangianti condizioni di tempo e di spazio, l'Eucaristia offre nutrimento non solo ai singoli, ma agli stessi popoli, e plasma culture cristianamente ispirate

È necessario tuttavia che questo importante lavoro di adattamento sia compiuto nella costante consapevolezza dell'ineffabile Mistero con cui ogni generazione è chiamata a misurarsi. Il « tesoro » è troppo grande e prezioso per rischiare di impoverirlo o di pregiudicarlo mediante sperimentazioni o pratiche introdotte senza un'attenta verifica da parte delle competenti Autorità ecclesiastiche. La centralità del Mistero eucaristico, peraltro, è tale da esigere che la verifica avvenga in stretto rapporto con la Santa Sede. Come scrivevo nell'Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia, « una simile collaborazione è essenziale perché la Sacra Liturgia esprime e celebra l'unica fede professata da tutti ed essendo eredità di tutta la Chiesa non può essere determinata dalle Chiese locali isolate dalla Chiesa universale ».101  

52. Si comprende, da quanto detto, la grande responsabilità che hanno, nella Celebrazione eucaristica, soprattutto i sacerdoti, ai quali compete di presiederla in persona Christi, assicurando una testimonianza e un servizio di comunione non solo alla comunità che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche alla Chiesa universale, che è sempre chiamata in causa dall'Eucaristia. Occorre purtroppo lamentare che, soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare, per un malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti. Una certa reazione al « formalismo » ha portato qualcuno, specie in alcune regioni, a ritenere non obbliganti le « forme » scelte dalla grande tradizione liturgica della Chiesa e dal suo Magistero e a introdurre innovazioni non autorizzate e spesso del tutto sconvenienti. 

Sento perciò il dovere di fare un caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà. Esse sono un'espressione concreta dell'autentica ecclesialità dell'Eucaristia; questo è il loro senso più profondo. La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri. L'apostolo Paolo dovette rivolgere parole brucianti nei confronti della comunità di Corinto per le gravi mancanze nella loro Celebrazione eucaristica, che avevano condotto a divisioni (skísmata) e alla formazione di fazioni ('airéseis) (cfr 1 Cor 11, 17-34). Anche nei nostri tempi, l'obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della Chiesa una e universale, resa presente in ogni celebrazione dell'Eucaristia. Il sacerdote che celebra fedelmente la Messa secondo le norme liturgiche e la comunità che a queste si conforma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro amore per la Chiesa. Proprio per rafforzare questo senso profondo delle norme liturgiche, ho chiesto ai Dicasteri competenti della Curia Romana di preparare un documento più specifico, con richiami anche di carattere giuridico, su questo tema di grande importanza. A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale. 


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Fonte: www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_20030417_eccl-de-euch.html


sabato, luglio 05, 2025

Introduzione al Design Inclusivo "Costruire un mondo a misura di persona: designer con disabilità al lavoro", Raymond Lifchez


Introduzione al DESIGN INCLUSIVO
 "Costruire un mondo a misura di persona: designer con disabilità al lavoro"

di Raymond Lifchez



(Pubblicato originariamente in Building a World Fit for People: Designers with Disabilities at Work, autori: Elaine Ostroff, Mark Limont e Daniel G. Hunter. Una pubblicazione dell'Adaptive Environments Center, 2002)


Questo volume snello ed elegantemente riprodotto è una pietra miliare nella storia del concetto di design universale. Quella che è iniziata come una ricerca di soluzioni architettoniche per le persone che utilizzano sedie a rotelle si è evoluta, negli ultimi decenni, nel principio più ampio secondo cui i professionisti dell'architettura, dell'architettura del paesaggio e del design dovrebbero prendersi cura delle esigenze di tutte le persone in tutte le fasi del ciclo di vita umano. Le ventuno biografie che state per leggere sono la testimonianza di questa idea rivoluzionaria.

La collezione è stata ispirata da Ron Mace, FAIA, scomparso nel 1998. Ron possedeva un talento unico come pensatore concettuale e architetto pratico, e ha perseguito la sua vita professionale con impegno. La sua variegata carriera ha incluso la progettazione di edifici e prodotti, l'insegnamento, la ricerca e l'advocacy. Non conosco nessuno come lui. Questo volume è un degno tributo a lui e a coloro che, tra i suoi contemporanei, hanno condiviso la sua visione a partire dagli anni '70.

Ron è stato un modello per molti di coloro che lo conoscevano professionalmente o che erano a conoscenza dei suoi successi. La sua disabilità fisica gli ha fornito un punto di vista particolare su come gli edifici dovrebbero essere progettati, e coniò il termine "progettazione universale" per descrivere il suo approccio. Fu davvero una fortuna che, con la maturazione professionale di Ron, si sviluppasse anche un clima politico attento al suo messaggio.

Negli Stati Uniti, il movimento per i diritti civili ha aperto la strada: se non fosse stato per i neri e il movimento per i diritti civili, noi disabili avremmo avuto pochi mentori, se non nessuno, spiega Devonna Cunningham-Cervantes, designer e donna, rimasta disabile in un incidente automobilistico nel 1988.

Il rapporto tra disabilità e diritti civili è stato reso esplicito dal Rehabilitation Act del 1973, che ha codificato una definizione di accessibilità: accesso pubblico per le persone con disabilità. A partire dagli anni '80, negli Stati Uniti e altrove, i professionisti della progettazione hanno proposto un criterio più inclusivo: l'ambiente costruito dovrebbe accogliere persone di tutte le taglie e forme, di tutte le età e di tutti i livelli di abilità fisica e cognitiva. Il design universale accoglie e celebra tutti gli utenti. Dopo la morte di Ron, un tributo pubblicato in suo onore citava la prima Conferenza Internazionale sul Design Universale (Progettare per il 21° secolo), tenutasi quell'anno, come prova della maturazione della coscienza sociale delle professioni del design.

Molti designer impegnati nel design universale si sono anche impegnati per creare una comunità internazionale al loro interno: come afferma Andrew Walker, "Credo che connettersi tra loro sia fondamentale. Dobbiamo essere forti e deboli insieme. Dobbiamo impedire alle persone non disabili di discriminarci in tutti i modi in cui lo fanno. Dobbiamo farlo insieme e imparare gli uni dagli altri: non c'è altro modo". Stuart Soneson scrive che far parte di una comunità di designer con disabilità aiuta a spezzare la sensazione di essere completamente soli là fuori.

I designer di cui si parla in questa raccolta vivono in sei paesi di quattro continenti. Le loro motivazioni individuali per scegliere una professione di designer sono tanto diverse quanto i percorsi che hanno seguito per acquisire formazione ed esperienza. Leggendo le loro storie di vita, sono rimasto affascinato non solo da ciò che hanno raccontato, ma anche da ciò che non è stato reso esplicito. In primo luogo, le loro biografie sono la prova dell'universale vulnerabilità degli esseri umani: incidenti, malattie e circostanze della nascita trascendono genere, etnia e nazionalità. Illuminato da questa saggezza convenzionale, il lettore è sempre più convinto che la progettazione universale – non solo l'accesso alle sedie a rotelle – sia l'unico approccio razionale all'edilizia.

In secondo luogo, mi sono ritrovato a notare l'età in cui ciascuna di queste persone è diventata designer o si è dedicata al design universale. Alcuni, come Taide Buenfil Garcia e Yoshi Kawauchi, erano adolescenti; altri avevano già intrapreso una carriera diversa; altri, più avanti, si sono reinventati come designer per continuare il lavoro creativo in cui eccellevano. Quali storie, mi sono chiesto, si celano in ognuna di queste storie personali? Quali delusioni sono state superate? Quale coraggio è stato trovato per dire di sì e andare avanti? Immaginare i loro pensieri ed emozioni in quei momenti mi ha reso ancora più grato per le risposte energiche che ne sono seguite.

Indubbiamente, il loro lavoro professionale, col tempo, diventerà più noto. Ma il valore speciale di questi profili biografici risiede nelle descrizioni delle loro vite personali. Le loro storie sono stimolanti in senso convenzionale: ognuna è la storia di un giovane con talento creativo e una disabilità fisica che – spesso con il supporto fondamentale di un genitore, del coniuge, di un insegnante o di un datore di lavoro, e talvolta con l'ausilio di tecnologie assistive – ha perseverato nell'acquisire l'istruzione, le competenze e l'impiego che gli avrebbero permesso di esprimere questo dono creativo in modo socialmente significativo. Certamente, leggere di persone che hanno integrato il loro lavoro con i loro valori arricchisce le nostre vite.

Ma per il designer professionista e lo studente di design, queste biografie sono fonte di ispirazione in un modo ben diverso e molto più significativo. Ci offrono una comprensione e una conoscenza più profonda delle dimensioni fisiche, sociali e psicologiche dell'ambiente che plasmano il modo in cui gli individui vivono il mondo, aiutandoci così a comprendere meglio le sfide della progettazione universale. Nella mia esperienza professionale, ho scoperto che i designer con disabilità fisiche o sensoriali sono particolarmente sensibili alle sottigliezze che determinano se ciò che viene costruito funzionerà bene per coloro a cui è destinato. Come tutti i designer, il loro riferimento è il proprio corpo, di cui sono, comprensibilmente, particolarmente consapevoli. Questa consapevolezza alimenta la loro acuta capacità di valutare l'adattamento tra persone e luogo.

Il mio interesse personale e il mio coinvolgimento nel movimento per la disabilità risalgono al mio arrivo a Berkeley nel 1970. Il numero e la varietà di persone in sedia a rotelle mi colpirono immediatamente. Mi dissero che Berkeley era la capitale americana della disabilità. I ​​fatti su Berkeley emersero presto: la storia delle sue nuove istituzioni originali, come il Center for Independent Living (CIL), creato da giovani con disabilità fisiche; la varietà di giovani normodotati che formavano una popolazione di assistenti non professionisti, formati sul campo, e la vivace vita sociale di cui godeva questa comunità eterogenea e allargata; la conoscenza accumulata su argomenti come come rendere accessibili le case, come collaborare in modo creativo con i servizi sociali della contea e come raggiungere una salute e una dignità personali migliori attraverso pratiche non mediche. Accanto a questa fiorente sottocultura c'era l'Università della California, impegnata a rendere l'istruzione superiore accessibile agli studenti con disabilità fisiche.

Come architetto e neo-docente all'università, mi sono offerto volontario per contribuire alla progettazione di progetti volti a facilitare l'accesso. Ho anche iniziato a raccogliere materiale su come e perché Berkeley fosse una città per persone con disabilità che vivevano in modo indipendente, al di fuori di strutture di custodia o istituti. Ho pensato che questa fosse una storia che meritava di essere raccontata e ho pubblicato i miei risultati in "Design for Independent Living: The Environment and Physically Disabled People" (University of California Press, 1979).

All'epoca, mi fu assegnato un ampio corso di progettazione architettonica. L'obiettivo del corso era insegnare le tecniche di progettazione in un contesto di problematiche sociali, per dare agli studenti principianti una consapevolezza sociale che li portasse a creare progetti accomodanti. Ho insegnato questo corso per quindici anni. All'inizio, leggevamo alcuni degli scritti più raffinati e sensibili scritti da sociologi e antropologi su persone e ambiente. Gradualmente, iniziai a invitare alcuni dei miei amici disabili a visitare lo studio di progettazione per parlare del lavoro degli studenti. Osservavano e commentavano la possibilità di vivere o meno negli edifici che gli studenti stavano progettando. Queste visite occasionali divennero, col tempo, parte integrante del curriculum dello studio. Ho scritto un volume sull'esperienza dell'insegnamento della progettazione architettonica da questa prospettiva, Rethinking Architecture (University of California Press, 1987).

Ciò che ho scoperto nello scambio tra i nostri consulenti – quelli con disabilità – e gli studenti mi ha incoraggiato. Da un lato, era chiaro che gli studenti non disabili erano attenti alle esperienze ambientali di coloro le cui vite erano considerevolmente diverse dalle loro. E dall'altro, i nostri consulenti – a causa delle loro disabilità – avevano una comprensione insolita dell'ambiente fisico: non solo di ciò di cui avevano bisogno per accedervi, ma anche del tempo necessario per eseguire determinati movimenti, per andare dal punto A al punto B come evento. Sono rimasto anche colpito dalla loro precisa conoscenza delle proprie esigenze personali, della meccanica della sedia a rotelle o della protesi, degli elettrodomestici e dell'arredamento, e dalla loro specificità linguistica nel trasmettere queste conoscenze agli amanuensi. Nella mia esperienza di architetto, pochi clienti, e ancora meno architetti, erano altrettanto consapevoli e competenti del rapporto tra loro e l'ambiente quanto i nostri consulenti. La loro partecipazione ha arricchito notevolmente ciò che cercavamo di insegnare sulla progettazione edilizia.

Spero che questa digressione chiarisca il mio punto essenziale: che, per necessità, le persone con disabilità fisiche sanno come realizzare progetti che funzionino. Questa conoscenza, unita alle competenze professionali e a un'estetica personale, rende sicuramente un designer formidabile. Leggendo questi profili biografici, mi chiedo quale dono particolare ciascuno di questi designer porterà alle sue commissioni. Quale contributo speciale apporterà ciascuno al concetto di design universale, perché i suoi progetti sono ispirati ai fatti dell'esperienza di vita?

Infine, una parola su Elaine Ostroff. Quasi venticinque anni fa, Elaine ha co-fondato Adaptive Environments, che è diventato il fulcro attraverso il quale un gruppo di giovani designer e insegnanti con idee simili ha creato una coorte professionale ed è stato in grado di legittimare se stessi e i propri interessi all'interno del mainstream delle professioni di progettazione ambientale e delle istituzioni accademiche. Attraverso i programmi di Elaine e le relazioni che hanno coltivato, insegnanti, autori, ricercatori e accademici hanno creato connessioni che ci hanno permesso di promuovere il concetto di design accessibile come disciplina e come obiettivo sociale. Leggendo queste biografie, so che col tempo questi designer ricorderanno questo volume per aver creato nuove reti di connessioni fruttuose.




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Ricordando Raymond Lifchez (1932-2023): 
un pioniere del Design Inclusivo

In seguito alla scomparsa del professore emerito Raymond Lifchez (1932-2023), l'Institute for Human Centered Design rende omaggio alla sua straordinaria eredità fondata sui principi del design inclusivo.
Per oltre 50 anni, Lifchez ha influenzato innumerevoli vite attraverso il suo insegnamento, la sua promozione del design inclusivo e la sua filantropia. Insignito di prestigiosi premi, tra cui il Distinguished Teaching Award, la Berkeley Citation e il Fiat Lux Faculty Award, l'impatto di Lifchez sull'università e sul mondo è stato profondo.
L'approccio rivoluzionario di Lifchez alla formazione nel design iniziò nel 1969, quando creò il corso "Architecture 101: Progettare per le persone con disabilità". Anticipando i tempi, questo corso invitava le persone con disabilità come consulenti, sottolineando il principio "Nulla su di noi senza di noi".


Ray Lifchez con gli studenti nel suo corso di studio, Architettura 101 
Progettazione per persone con disabilità, anni '70.

La sua dedizione all'accessibilità ha trovato riscontro nelle sue pubblicazioni, in particolare in "Design for Independent Living" (1979) e "Rethinking Architecture" (1986). Lifchez ha partecipato attivamente al Disability Rights Movement, contribuendo in modo significativo all'attuazione della Sezione 504 del Rehabilitation Act del 1973 e, successivamente, dell'Americans with Disabilities Act (ADA).


Copertina del libro "Progettare per una vita indipendente: 
l'ambiente e le persone con disabilità fisica"

La sua filantropia ha ampliato la portata dell'Università della California, Berkeley, finanziando programmi, borse di studio e mostre. Questo ha portato alla creazione della cattedra Lifchez di Pratica in Giustizia Sociale presso l'Università della California, Berkeley, una cattedra finanziata dedicata alla promozione di un'architettura accessibile e socialmente consapevole.

L'eredità di Lifchez funge da faro e guida la nostra missione verso un futuro più inclusivo e accessibile.




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