martedì, agosto 16, 2011

Per una definizione di Arte Cristiana

 

Carlo  Sarno
PER UNA DEFINIZIONE DI ARTE CRISTIANA








(testo estratto dal libro Per una definizione di Arte Cristiana di Carlo Sarno)


 

1° parte - Gesù Cristo fondamento dell'Arte Cristiana
Con l’avvento della Parola di Dio , con la venuta di Gesù il Figlio di Dio sulla Terra , cambia il sistema di riferimento per la determinazione di un giudizio estetico ed artistico .
La cultura pagana , con le sue credenze i suoi idoli le sue categorie le sue certezze la sua arte perde la sua ragion d’essere e affronta una cultura altra , trascendente se pur ancorata alla storia .
I Padri della Chiesa nel Medioevo tenteranno di ricucire la sfasatura tra i due mondi , recuperando quanto di buono era posto nella cultura classica e precedente . Ma . malgrado tale sforzo , resta uno iato , una dicotomia , una frattura incolmabile .
L’arte pagana , benché raggiunga le vette di una estetica classica , di una idea del bello basata sulla idea di perfezione e armonia , resta priva di significato proprio ad una estetica cristiana .
Ma allora … qual è questa differenza sostanziale tra arte cristiana e arte pagana , e perché ancora oggi non è ben chiara la differenza ed artisti oscillano in maniera confusa tra le due concezioni , con risultati contraddittori e ingannevoli ?
Partiamo dal punto fondamentale : un’Arte Cristiana ha come principio Gesù , inteso come via , verità e vita , in sintesi Amore di Dio .
S.Paolo ci dice :” ...Ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. “ (1Cor. 3,11).
Quindi , il fondamento dell’Arte Cristiana è l’amore , e poiché Dio è amore , il fondamento dell’Arte Cristiana è Dio .
Da ciò se ne deduce che Gesù , Figlio di Dio , è contemporaneamente il modello cristiano di artista e opera d’arte . Cioè Gesù è il più grande artista cristiano di tutti i tempi che ha fatto della sua vita la più grande opera d'arte cristiana di tutti i tempi . In tal senso egli diviene modello e metro di giudizio , riunendo in se le tre categorie del bello , del buono e del giusto .
Ciò significa che nessun artista potrà definirsi cristiano e nessuna opera d’arte potrà definirsi cristiana a tutti gli effetti se non rispecchia le caratteristiche proprie dell’artista e dell’opera cristiana paradigmatica per eccellenza : Gesù e la sua vita .
 
2° parte - Il bello, il buono, il vero
L’Arte Cristiana , così come tutti gli altri tipi di arte , è profondamente legata all’idea di Bellezza . Ma la “bellezza cristiana” ha tutto un legame particolare con Dio , è riflesso della bellezza di Dio , immagine dello splendore dell’amore di Dio .
Questo stretto rapporto bellezza/amore proprio dell’Arte Cristiana , estende e accomuna la categoria del Bello alle altre categorie trascendentali del Vero e del Buono , che nel medioevo hanno generato molte discussioni sulle modalità di interazioni e rapporti gerarchici tra il ‘pulchrum’ , il ‘verum’ ed il ‘bonum’ .
Scrive a proposito Hans Urs von Balthasar nel suo libro Verità del mondo : “…Verità , bontà e bellezza sono a tal punto proprietà trascendenti dell’essere che possono venir comprese solo l’una nell’altra e l’una mediante l’altra. Esse esibiscono nella loro comunione la prova per la profondità inesausta e per la ricchezza traboccante dell’essere…” .
Ciò significa che nella idea e definizione ed essenza dell’Arte Cristiana in rapporto ai trascendentali – il Bello , il Vero , il Buono - esiste una stretta interdipendenza con l’amore-comunione trinitario ; cioè non può esistere un’Arte Cristiana se questa non è radicata nella comunione trinitaria , e ciò vale anche per l’interscambio funzionale delle categorie trascendentali .
Ma c’è di più... , la bellezza cristiana in quanto amore-comunione è gratuità , assenza di superbia , si manifesta come partecipazione e gioia di donarsi , di irradiare lo splendore di Dio .
Ciò comporta da parte dell’artista-creatore e da parte del fruitore una adeguata preparazione per la comprensione della bellezza nell’opera d’arte cristiana . Questa preparazione può ricondursi alla conoscenza/consapevolezza del Mistero di Cristo come Luce del mondo ed immagine dello splendore di Dio .
In Gesù Cristo abbiamo una armonia perfetta del pulchrum-verum-bonum , l’uno non è comprensibile senza l’altro , pur essendo tre categorie autonome ed indipendenti sebbene consustanziali . Come nella vita-opera di Cristo si attua la bellezza dell’amore di Dio , così nella vera opera d’Arte Cristiana va ricercata l’immagine dello splendore di Dio , così come nella persona del vero cristiano , testimone di Cristo , possiamo assaporare la santità di Dio nell’amore trinitario .


3° parte - Escatologia e sintropia
L’Arte Cristiana è escatologica , ovvero tende ad un fine che è la nuova Vita annunziata e realizzata da Cristo . E’ esplicativa del destino finale dell’uomo e dell’universo alla luce della salvezza . Attraverso un processo evolutivo salvifico il miracolo della vita e dello spirito trasformeranno in bene ogni cosa . Questa impresa è la spiritualizzazione della materia . Ciò significa la pienezza dell’azione di trasfigurazione , una azione creativa e santificante che rende visibili ed attuali tutte quelle forze positive della vita e dell’amore , quali : l’altruismo , l’interdipendenza , l’interazione , la percezione , l’apprendimento , la cura , la cooperazione , la rispondenza , la sinergia , la compassione , la trascendenza , la bellezza , l’integrità , la passione , l’intensità , la fede…ecc.
In tal senso l’Arte Cristiana partecipa attraverso il suo contributo ad un processo trasfigurativo dell’evoluzione della materia nello spirito , attua un processo di incarnazione dello Spirito di Dio nel mondo e lo rende visibile e comprensibile .
Per questi motivi la vera Arte Cristiana non potrà mai essere di tipo entropico ma sempre , o prevalentemente , di tipo sintropico . Ma spieghiamo meglio questi due termini di entropia e sintropia .
L’entropia si interessa di fenomeni che obbediscono al principio di causalità , direzionato dal passato verso il futuro , da cui conseguono i principi di riproducibilità e livellamento .
Al contrario la sintropia si interessa di fenomeni caratterizzati dal principio di finalità , direzionato da una causalità rivolta dal futuro verso il passato , da cui conseguono i principi di irriproducibilità e di differenziazione .
“ …Questi nuovi fenomeni sono stati detti dal Fantappié Fenomeni sintropici , per il loro comportamento antientropico e sono stati identificati con quelli più tipici e misteriosi della vita . Nella formazione di un essere vivente si osserva infatti il passaggio da forme omogenee a forme sempre più differenziate ed è nella vita che si ha un anelito verso il futuro , che spinge gli esseri a muoversi e ad agire non più come conseguenza del passato , ma in funzione del futuro… “
Ciò significa che abbiamo l’esistenza di una struttura anche finalistica del nostro universo sensibile , accanto alla sua struttura causale che era finora l’unica ammessa . Quindi , mentre il ben noto ai fisici concetto di Entropia indica una tendenza dei fenomeni naturali verso il disordine e la omogeneizzazione, ovvero la degradazione dei fenomeni fisici , “ …il nuovo rivoluzionario concetto di Sintropia ,…indica una tendenza opposta verso stati di maggiore complessità e differenziazione…” . Con la Sintropia è come se la luce ritornasse nel tempo come forma di energia antifisica rispondente a richiami e attrazioni collocati con anticipo nel futuro da una volontà finalistica superiore . La caratteristica dei fenomeni sintropici è la loro unicità creativa irriproducibile , in quanto regolati da una causa collocata nel futuro (fine) . La Vita intesa nella sua pienezza espressiva è quindi per vocazione sintropica e finalistica .
Spesso nei fenomeni che ci circondano troviamo la compresenza di entropia e sintropia , uno scontro tra una forza distruttiva ed un'altra costruttiva . Questo significa che tutti i fenomeni oltre a sottostare alle leggi fisiche vanno ampliate e generalizzate con leggi biologiche sintropiche .
Ad una Conferenza nel 1947 così parlò Luigi Fantappié , genio matematico teorizzatore di una visione unitaria del mondo e della vita , a proposito della verità che l’essenza della vita è tendere a fini , che significa per l’uomo che vivere è amare :
“ …Quello che distingue la vita dalla non vita è dunque la presenza , negli esseri viventi , di questi fenomeni sintropici , finalistici , come fenomeni tipici della vita . Ora come si considera essenza del mondo entropico , meccanico , il principio di causalità , è naturale considerare essenza del mondo sintropico il principio di finalità . Quindi l’essenza della vita è proprio in questo principio di finalità . Vivere , in sostanza , significa tendere a fini . In particolare , nella vita umana, che aspetto prendono questi fini ? Quando un uomo è attratto dal denaro , si dice che “ama” il denaro . L’attrazione verso un fine , per noi uomini , è sentita come “amore” . Noi vediamo dunque che la legge fondamentale della vita umana è questa : la legge dell’amore . …Noi vediamo così stampate nel gran libro della natura – che diceva Galileo è scritto in caratteri matematici – le stesse leggi che sono scritte nel Vangelo . Che la legge fondamentale dell’uomo sia la legge dell’amore sta scritto nel Vangelo , ma sta scritto anche nella stessa natura . Più in generale , la legge della vita non è dunque la legge dell’odio , la legge della forza , cioè delle cause meccaniche , questa è la legge della non vita , è la legge della morte ; la vera legge che domina la vita è la legge dei fini , e cioè la legge della collaborazione per fini sempre più elevati , e questo anche per gli esseri inferiori . Per l’uomo è poi la legge dell’amore , per l’uomo vivere è , in sostanza , amare , ed è da osservare che questi nuovi risultati scientifici possono avere grandi conseguenze su tutti i piani , in particolare anche sul piano sociale , oggi tanto travagliato e confuso …La legge della vita è dunque legge d’amore e di differenziazione , non va verso il livellamento , ma verso una diversificazione sempre più spinta . Ogni essere vivente , modesto o illustre , ha i suoi compiti e i suoi fini che , nell’economia generale dell’universo , sono sempre pregevoli , importanti , grandi…” .
E qui ritorniamo al discorso iniziale sull’Arte Cristiana e l’escatologia . L’Arte se vorrà essere veramente cristiana dovrà affrontare il tema escatologico del destino dell’uomo e di ciò che seguirà alla vita terrena (escatologia individuale : incarnazione, passione , morte e risurrezione) e alla fine del mondo (escatologia collettiva) . In tal senso l’Arte Cristiana dovrà essere sintropica , incarnare nella materia la legge dell’amore come fine dell’uomo , trasfigurare il mondo con la santificazione e attuazione dello Spirito di Dio .
Solo un’Arte che avrà al centro della sua intima espressione il ritorno di Cristo , o Parusia , seguito dalla risurrezione dei morti , dalla fine del mondo e dalla sua trasformazione “…i cieli si dissolveranno…ma noi… aspettiamo nuovi cieli e nuova terra “ (2Pietro, 3,12) , si potrà chiamare veramente Arte Cristiana . Essa sarà una Arte con una tensione fondamentale verso l’unione perfetta e armonica e bella dell’uomo con Dio , e contemporaneamente sarà una Arte indicatrice di un forte impegno etico in funzione di questa nuova Vita di amore attesa con fede , e già iniziata con la incarnazione di Gesù Cristo .
Le citazioni nel testo sono tratte dal libro : Ordine e Sintropia , di Salvatore Arcidiacono , Edizioni Studium Christi , Roma , 1975 . 

 
4° parte - Arte Cristiana come lode a Dio
San Paolino di Nola scrisse : “ La nostra unica arte è la fede e Cristo è il nostro canto “ . In questa frase è sintetizzata una modalità essenziale dell’Arte Cristiana : essa non può esistere senza la nostra fede e non può esprimere e lodare altro che Cristo .
Ecco dunque le due condizioni fondamentali per tutti coloro che vorranno cimentarsi in una Arte Cristiana che rappresenti la vera realtà di Dio .
La prima condizione implica che l’artista che vuole esprimere i valori della religione cristiana dovrà essere un uomo di fede . Dio potrà realizzare il suo disegno con noi soltanto se noi sapremo rispondere con una fede vera e radicata. La fede è la sorgente e il centro di tutta la vita religiosa. Credere per l’artista cristiano significa accogliere la Parola di Dio , il Vangelo confessando Gesù come Signore , la predicazione degli apostoli e testimoni . Questa fede , come scriverà Paolo , apre all’intelligenza e al nostro cuore “ i tesori di sapienza e di scienza(conoscenza) “ che sono in Cristo (Col 2,3); la sapienza stessa di Dio rivelata dallo Spirito Santo, così diversa dalla sapienza umana e la conoscenza di Cristo e del suo amore .
La seconda condizione è la consapevolezza, introdotti così dalla fede, dell’amore di Dio , amore a cui ci rivolgiamo con stupore e meraviglia . Nasce così spontaneamente dal nostro cuore un canto di lode a Dio , che si identifica con Cristo nostro salvatore. L’artista cristiano è consapevole del dono della comunione e partecipazione alla potenza creatrice e salvifica di Dio , guarda se stesso e il creato contemplando e ringraziando Dio per il suo amore redentore ed eleva a Dio il suo canto di lode . In questa dinamica l’artista comprende Cristo come propria vocazione e propria missione . Cresce nell’artista il desiderio della sequela di Cristo , di vivere la propria vita ad imitazione di Cristo , a lode e gloria di Dio.
In tal maniera la sacralità delle opere non si scindono più dalla sacralità della vita dell’artista cristiano , l’artista tende alla santificazione di se stesso e delle sue opere , l’Arte Cristiana diviene un puro e vero e sublime canto di lode a Dio .


Preghiera di Lode e Ringraziamento di San Francesco
Onnipotente, santissimo, altissimo, sommo Dio,

Padre santo e giusto,
Signore Re del cielo e della terra,
ti rendiamo grazie per il fatto stesso che tu esisti,
ed anche perché con un gesto della tua volontà,
per l'unico tuo Figlio e nello Spirito Santo,
hai creato tutte le cose visibili ed invisibili
e noi, fatti a tua immagine e somiglianza,
avevi destinato a vivere felici in un paradiso
dal quale unicamente per colpa nostra
siano stati allontanati.
E ti rendiamo grazie, perché,
come per il Figlio tuo ci creasti,
così a causa del vero e santo amore
con il quale ci hai amati,
hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo
dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria
e hai voluto che per mezzo della croce,
del sangue e della morte di lui
noi fossimo liberati dalla schiavitù del peccato.
E ti rendiamo grazie, perché
lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria
della sua maestà.
per mandare nel fuoco eterno
gli empi che non fecero penitenza
e non vollero conoscere il tuo amore
e per dire a quelli che ti conobbero,
adorarono, servirono
e si pentirono dei loro peccati:
Venite Benedetti del Padre mio:
entrate in possesso del regno
che è stato preparato per voi,
fin dalla creazione del mondo! (Mt. 25, 34).
E poiché noi, miseri e peccatori,
non siamo nemmeno degni di nominarti
ti preghiamo e ti supplichiamo,
perché il Signore nostro Gesù Cristo,
il Figlio che tu ami
e che a te basta sempre e in tutto,
per il quale hai concesso a noi cose così grandi,
insieme con lo Spirito Santo Paraclito,
ti renda grazie per ogni cosa
in modo degno e a te gradito.
E umilmente preghiamo in nome del tuo amore
la beatissima Maria sempre vergine,
i beati Michele, Gabriele, Raffaele
e tutti gli angeli,
i beati Giovanni Battista e Giovanni evangelista,
Pietro e Paolo,
i beati patriarchi , profeti, innocenti,
apostoli, evangelisti, discepoli,
martiri, confessori, vergini,
i beati Elia ed Enoc,
e tutti i santi che furono, che sono e che saranno,
perché, come essi possono fare,
rendano grazie a te,
per tutto il bene che ci hai fatto,
o sommo Dio, eterno e vivo,
con il Figlio tuo diletto,
Signore nostro Gesù Cristo
e con lo Spirito Paraclito
nei secoli dei secoli.
Amen.


5° parte - L'Arte Cristiana è un "cammino"
Tutte le arti hanno un contenuto che viene sviluppato nell’opera d’arte . In termini linguistici e semiotici , abbiamo sempre un “significato” che viene espresso da un “significante” . Non staremo qui ad elencare secondo le varie teorie semiologiche (da De Saussure ad Eco , a Barthes , ecc. ) il rapporto tra i due termini , certo è che esiste un rapporto intenso ed articolato tra una struttura profonda e simbolica dell’opera , ed una struttura superficiale e segnica .
Ma oltre ad esistere una interazione semiotica interna all’opera d’arte , esiste anche il rilevante problema della comunicazione/ricezione del messaggio , ovvero la relazione tra l’artista che crea l’opera , l’opera stessa , ed il fruitore dell’opera (colui che riceve il messaggio) . A tale già complessa situazione di trasmissione di informazione si aggiunge l’interazione socio-antropologica con le strutture profonde e superficiali dell’inconscio collettivo , dove la dimensione mitica si intreccia con il quotidiano .
Dalla mancanza di un riferimento di significato generale nell’arte contemporanea ne è scaturito un ripiegarsi dell’arte su sé stessa , sul suo linguaggio , sulle tecniche digitali e non , in definitiva , un’arte che accusa la perdita di un centro , che naviga in un relativismo ora propositivo , ora negativo , comunque in genere priva di una dimensione sintropica e finalistica . Si ripetono in maniera ossessiva stereotipi alla moda , in maniera ciclica e non progressiva , con una unica attenzione rivolta al mercato , dove il fruitore diventa anonimo.
A tutto questo si oppone da sempre , a partire dalla venuta di Gesù Cristo , una nuova concezione dell’arte intesa come “cammino” , in sintesi “divenire , trasfigurazione e salvezza” .
Ricordiamo ad esempio la grande trasformazione operata nell’architettura ai primordi dell’arte paleocristiana , dove lo spazio statico romano si trasforma in uno spazio direzionale , dove tutto concorre al “cammino” dei fedeli ed alla loro redenzione .
Balza alla mente l’esempio del sommo poeta Dante , che imposta tutta la sua meravigliosa opera della Divina Commedia sull’idea del “cammino” , del divenire come trasfigurazione, redenzione e salvezza dell’uomo .
Ancor più tale significato del “cammino” lo incontriamo tutto interiorizzato nelle bellissime icone delle Chiese Orientali , dove il fruitore si ritrova misteriosamente a vedere, pregare e camminare dall’interno dell’opera .
Tutta l’arte pittorica figurativa cristiana da Giotto a Caravaggio ai giorni nostri , attraverso i personaggi ed i loro gesti raccontano di un cammino interiore che l’uomo deve intraprendere per trovare un senso alla sua esistenza .
E ancora, nel primo novecento, tracce del tema del cammino/divenire lo troviamo nel futurismo , espressionismo , surrealismo e dadaismo. Con la filosofia esistenzialista si enfatizza il segno , il gesto , nasce l’informale come indizio di una esistenza-divenire. Da questo il passo è breve per il “salto nel vuoto” di Yves Klein : nasce il concettuale e l’arte si incontra con la vita e con la cultura popolare (pop art). Attualmente neo-avanguardie , post-modern e neo-figurativismo non rinunciano al tema del cammino , anche se pochi sanno dove andare , anche se pochi intendono il cammino come un progresso trasfigurativo e redentivo per la coscienza dell’uomo .
Molti artisti contemporanei accusano e rilevano soltanto una situazione tragica , schizoide , drammatica, distruttiva per la persona nella società attuale , alienata dal denaro e da falsi valori , priva di religione e di rapporto con il divino e il sacro.
In tal senso è di una importanza rilevante riscoprire per gli artisti cristiani nelle loro opere l’idea del “cammino” .
Il “cammino” ha un senso ha un significato solo se il “cammino” si identifica con Gesù Cristo : è Lui la Via , la Verità e la Vita .
Questo “cammino” significa un crocevia di diversi “cammini” : la maturazione della fede dell’artista , il divenire salvifico rappresentato nell’opera , l’accoglienza redentiva e rigenerante nel fruitore , la trasformazione santificante del contesto socio-comunitario i cui si inserisce l’opera , la partecipazione dell’opera alla dinamica liturgica personale e comunitaria .
Un’opera d’arte cristiana è stata , è , e sarà sempre espressione del “cammino di salvezza” , inteso a tutti i livelli .
L’artista cristiano non potrà mai rinunciare alla sua missione di comunicare l’amore di Cristo come unica via e cammino per la santificazione , non potrà mai prescindere dal sentirsi sinceramente, per dirla con Madre Teresa di Calcutta, “una umile matita nelle mani di Dio”. 


6° parte - La funzione e la forma nell'Arte Cristiana
La verità della funzione e della forma è una peculiare caratteristica dell’Arte Cristiana. Per funzione qui si intende tutto ciò che è collegato al contenuto dell’opera d’arte, al suo significato , alla sua utilità personale e sociale ; per forma invece si intende tutto ciò che è legato all’aspetto espressivo e semantico, personale e sociale, dell’opera d’arte, ai suoi risvolti simbolici e mistagocici, al suo proporzionamento e armonia.
Spesso, nell’arte in genere, si nota uno scollamento, uno iato, tra la funzione e la forma dell’opera d’arte: a volte troviamo dei validi contenuti ma espressi in un sistema segnico inadeguato, altre volte una bella composizione artistica ma muta per quanto riguarda il significato.
Nella vera Arte Cristiana questo errore non può esistere , in quanto l’Arte Cristiana poggiando sul Verbo, la Verità, non ammette imperfezioni in tal senso , incongruenze e falsità, ma tende ad un tutto organico ed armonico , in cui la parte sta al tutto come il tutto sta alla parte : nell’Arte Cristiana vige il principio dell’integrità , inteso nel senso che forma e funzione sono uno , una unità inscindibile ed armonica.
Un esempio di applicazione di tale principio di integrità lo si può riscontrare nell’Architettura Organica , realizzata da Frank Lloyd Wright, che pone al centro del suo fare l’uomo inteso come integrità, di corpo e di spirito, che crea uno spazio per l’uomo in armonia con l’ambiente e con i suoi valori profondi di libertà, creatività e amore. Un altro esempio emblematico è l'Arte delle Icone della tradizione orientale in cui nell'opera d'arte tutto converge (funzione e forma) all'unione con Dio.
Il principio di integrità di funzione e forma va tenuto in somma considerazione quando l’opera d’arte ha un valore liturgico, in quanto deve essere compartecipe e ben esprimere la dinamica di un particolare momento della celebrazione religiosa, creare una efficace sinergia di funzione e forma .
Ancor più, se l’opera d’arte ha sede nella Chiesa e viene esposta stabilmente nel luogo in cui si riunisce la comunità per stringere ed amplificare il suo rapporto con Dio, ovvero nel luogo sacro in cui alla presenza di Cristo Eucaristia il fedele si raccoglie in preghiera da solo o in gruppo per relazionarsi a Dio, qui è assolutamente necessario che sia rispettato il principio di integrità tra funzione e forma, per non distogliere gli animi delle persone dalla verità e bontà di Dio.
Pertanto si auspica un buon discernimento nell’ambito della Chiesa Cristiana delle opere che sono congruenti con il principio di integrità o verità della funzione e forma dell’opera d’Arte Cristiana, intesa sia come una buona e sincera valutazione e interpretazione delle opere del passato, sia come una buona intuizione e scelta degli artisti a cui commissionare in futuro delle veritiere ed integrali opere d’Arte Cristiana. 


7° parte - " Ab intra ad extra " - Dall'interno all'esterno
L’Arte Cristiana è sempre un’arte personalizzata, non può prescindere dalla persona. L’insegnamento che ci proviene dalla Santissima Trinità è che Dio è comunione di tre persone, ognuna distinta ma consustanziale alle altre, che realizzano nel loro scambio intratrinario l’amore di Dio. In questa dinamica dell’amore interpersonale si realizza la divinizzazione della creazione, attraverso il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio la creatura si riunisce con il creatore, la realtà è redenta nella luce dello Spirito di Dio.
In tal senso la partecipazione dell’artista cristiano alla redenzione della realtà si concretizza in un processo creativo organico che si sviluppa “ ab intra ad extra ” dall’interno all’esterno , cioè dalla coscienza della sua persona all’esterno della collettività come testimonianza di una rinnovata incarnazione di Cristo ; in altre parole la soggettività dell’artista diviene vissuto oggettivo nel rinnovarsi del “mistero pasquale”.
Crispino Valenziano a proposito dell’arte di Marko Ivan Rupnik così si pronuncia :”…al filo di seta della nostra arte oramai siamo giunti perché adesso appare la risolutività da un mondo ab extra ad intra a un universo ab intra ad extra , per ciò l’arte di Rupnik si presenta arte silex index, ‘pietra di paragone’, dell’arte ecclesiale che è da auspicare e promuovere…non a caso la sua arte per la liturgia…è formata immancabilmente con l’aderenza alla incarnazione del Verbo di Dio.”.
L’uomo a immagine di Dio è amore, comunione e libertà creativa. Il peccato allontana l’uomo da Dio relegandolo all’isolamento e alla morte, ad una attività autoreferente ed egoista. Anche per l’artista cristiano sorge questo pericolo: bisogna fare attenzione a non cadere nella dinamica egoistica ‘ab extra ad intra’ in cui tutto il reale è deformato in funzione della nostra superba soggettività , ma occorre partire dall’uomo immagine di Dio ‘ab intra ad extra’ e porsi in comunione d’amore con l’altro e con l’esterno.
Dio è dentro di noi, se avremo fede in Dio e nel suo amore noi incarneremo e realizzeremo la realtà di Dio. Aprendoci alla contemplazione e alla preghiera saremo capaci di attualizzare, anche nella nostra arte, la vita di Dio.
Dice l’artista M. I. Rupnik nel libro Il colore della luce :”…l’arte non è semplicemente l’espressione dell’artista, ma un servizio , umile come tutti i servizi. L’arte è come l’amore : più è personale, più è universale…”.
Frank Lloyd Wright , maestro dell’architettura organica, auspicò il ritorno alla vera Tradizione, come ci insegna la Natura, una architettura che si sviluppi dall’interno all’esterno in armonia alle condizioni del suo essere, con amore verità e libertà. Scrisse F.L. Wright nel libro Testamento :” ... L'anima di qualunque civiltà sulla terra è sempre consistita e ancora consiste nell'Arte e nella Religione ... Sia l'Arte che la Religione sono in cammino Ambedue debbono procedere fianco a fianco come è sempre stato . Ambedue debbono insieme illuminare la scienza e costituire l'anima di questa civiltà ... L'uomo non troverà i termini della salvezza democratica che nel suo intimo più profondo , nell'intendere i principi fondamentali della natura e della sua propria , umana , natura ... Se intendete praticare il culto della vita nel disordine del mondo contemporaneo , rammentate la profezia dell'Uomo per eccellenza :" Il Regno di Dio è dentro di voi " . Potrete raggiungere il Dio che è dentro di voi attraverso il culto della Natura , attraverso la semplice rivelazione della vostra stessa natura . L'architettura organica è sorta attraverso questo senso nuovo dell'individualità… “.
Al centro della vera Arte Cristiana c’è sempre una profonda e spirituale concezione della persona , intesa come soggettività e libera volontà di adesione alla verità del proprio essere , integrità in comunione con lo Spirito di Dio.
E’ per questo che l’artista cristiano non può prescindere dal vero processo creativo organico che si genera dall’interno all’esterno, ab intra ad extra, dalla sua intima e profonda partecipazione all’amore trinitario alla sua necessaria attualizzazione creativa e redentiva verso il prossimo. Da ciò se ne deduce anche che proprio perché è una Arte che rispetta il principio ‘ab intra ad extra’ , non è concepibile che una Arte Cristiana sia armonicamente realizzata da un artista che non creda nella sua coscienza e persona alla fede cristiana. Inoltre , volendo andare ancor più per il sottile, nemmeno è possibile realizzare una buona opera d’arte cristiana se, pur avendo fede, non si realizzano con la propria vita i principi del Verbo di Dio, se non ci si rende veri testimoni di Cristo.
Perciò ancora oggi, a duemila anni dalla nascita di Gesù, ancora sono pochi i veri artisti cristiani e le vere opere d’arte cristiana.
Ma è solo in questo modo, ab intra ad extra , che va inteso e interpretato lo spirito e il lavoro creativo di una veritiera Arte Cristiana.


8° parte - La Bibbia "sorgente viva" dell'Arte Cristiana
La Bibbia è il libro per eccellenza poiché è il libro di Dio, il libro dove si legge la Parola di Dio. Questa Parola non è astratta ma nasce dall’esperienza di alcuni uomini privilegiati, profeti, che trasmettono la verità. La Parola di Dio è “potenza che opera” e “luce che rivela”.
Nel Nuovo Testamento il mistero della Parola di Dio si identifica con Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Cristo è il Verbo “venuto nella carne” e gli uomini di fronte alla sua persona sono costretti a prendere una posizione: credere o non credere.
Dicono a proposito A.Feuillet e P.Grelot : “ chi crede alla Parola, chi riconosce il Verbo e l’accoglie, entra per mezzo suo in una vita teologale di figlio di Dio (Gv 1,12); chi rifiuta la Parola, chi disconosce il Verbo, rimane nelle tenebre del mondo ed è per ciò stesso giudicato. Il Verbo parla ad ogni uomo, e da ogni uomo attende una risposta “.
In tal senso la Bibbia è il libro della rivelazione della Parola di Dio. Il testo è costituito da vari episodi che partono dalla creazione dell’universo e dell’uomo, e narrano del diluvio universale , la fede incrollabile di Abramo, il popolo di Israele, Mosè , Davide, i profeti , la venuta del Messia, il ‘si’ di Maria, la vita di Gesù Cristo e la nascita della Chiesa Universale. Nella Bibbia si legge il piano salvifico , redentivo e santificante di Dio, uno e trino, Padre , Figlio e Spirito Santo.
Mons. Gianfranco Ravasi nel suo libro “Il bello della Bibbia” ci dice che la Bibbia : “…non si accontenta di dire Dio in modo vero, ma anche in modo bello, luminoso, fragrante…” , che occorre : “…ritrovare lo splendore letterario della Bibbia per credere e cantare Dio in modo più gioioso e bello, più fresco e intenso…”.
Marc Chagall dice a proposito: “ Le Sacre Scritture sono l’alfabeto colorato della speranza in cui per secoli i pittori hanno intinto il loro pennello “ . Northrop Frye definisce la Bibbia come “il Grande Codice” a cui fa riferimento tutta la nostra cultura sia per i credenti che i non credenti.
Tutto ciò convalida che la Bibbia, e quindi la Parola di Dio, è da sempre fonte d’ispirazione per l’Arte , ed in particolare per l’Arte Cristiana.
Ma mentre per l’Arte in generale la Bibbia è soltanto il luogo dove attingere temi, immagini, metafore, simboli, un approccio per così dire ‘superficiale’ , per l’Arte Cristiana è il luogo dell’incontro, in cui il bello coincide con la verità, il buono con il giusto, la fede con l’armonia.
Per l’artista cristiano leggere la Bibbia significa ‘ascoltare’ e ‘sentire’ la Parola di Dio, la rivelazione della sua verità e del suo amore, oltre ad essere una semplice fonte di ispirazione artistica. E’ il libro che avvicina la sua persona a Dio, chiede alla sua coscienza di credere in Gesù Cristo e di conseguenza essere testimone fedele. La Bibbia richiama l’artista cristiano alla sua verità di persona, lo rende consapevole che l’amore è l’unica vera realtà di Dio, che attraverso l’arte potrà manifestare e trasmettere la sua realtà di cristiano, ovvero di figlio di Dio.
La Vita in Cristo è amore, l’Arte in Cristo è amore : è questo il messaggio della Bibbia, e quindi di Dio, per l’Arte Cristiana.
Solo l’artista che avrà come ‘sorgente viva’ della sua vita e della sua arte la Bibbia, quindi la Parola di Dio, quindi Gesù Cristo, potrà sentirsi e definirsi cristiano, e pertanto essere partecipe del mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio ed avere la capacità di trasmettere mediante la sua Arte, e con l’aiuto dello Spirito Santo, il vero Amore di Dio anche agli altri.


9° parte - L'Arte Cristiana è umile
L’Umiltà è una caratteristica principale dell’artista cristiano e dell’Arte Cristiana. Per Umiltà qui si intende la consapevolezza e la messa in pratica di due principi fondamentali, ben riassunti nel Diario Spirituale (di anonimo, pubblicato a Napoli nel 1843, tip. Paci) :
1) Ogni bene è da Dio , ed a Lui solo se ne deve la gloria ;
2) L’uomo per se stesso non ha altro che miserie, e disposizione ad ogni male.
E’ scritto ancora nel Diario Spirituale : “…premessi questi principi, procura di mantenerti sempre in un basso sentimento di te medesimo, non dandoti mai a credere di essere qualche gran cosa, di potere molto, o d’avere dei meriti, o dell’abilità per alcun bene…”.
Come ben si vede siamo all’opposto della concezione dell’arte contemporanea, dove alla morte di Dio corrisponde una alta concezione dell’artista e della sua arte. La perdita dei valori religiosi e spirituali ha comportato la nascita di un’arte tautologica ed autoreferente, che non chiede più niente a nessuno, che narcisisticamente riflette se stessa, che affronta il dialogo con il fruitore dell’opera con superbia ed imposizione.
In altri termini, per l’arte contemporanea paradossalmente l’opera è valida se è incomprensibile , oppure difficilmente comprensibile per i poveri mortali, che analfabeti dell’arte devono subire ciò che critici ed artisti egoisti propongono con inganno e persuasione.
Ma la vera arte è partecipazione, comunicazione, armonia di rapporto tra artista e fruitore dell’opera.
Per fare un esempio, Franco Battiato – noto musicista contemporaneo – ad un primo periodo di musica sperimentale elettronica accessibile solo per pochi , è passato ad una musica leggera-colta , in cui semplici melodie supportano testi complessi che veicolano profondi messaggi , finalizzati ad una maggiore consapevolezza reciproca per l’artista ed i fruitori. In effetti mentre per alcuni è sembrato un tradire la ricerca sperimentale per un facile guadagno , credo invece che sia avvenuto in Franco Battiato una maturazione nell’ambito dell’Umiltà, che lo ha condotto ad una musica più partecipata e comunicativa, che si avvale anche di spunti e suoni radicati nel popolo, una musica meno differenziata dalle altre ma più familiare e comprensibile.
Una delle ossessioni degli artisti contemporanei è la ricerca della singolarità, il volersi a forza distinguere da tutti gli altri , sradicandosi dalla grande Tradizione artistica, bloccando la possibilità di una vera ricerca artistica per la ripetizione illimitata di alcuni segni che dovrebbero eternarli in uno stile personale, isolato quanto incompreso.
La creatività non è il curioso, lo strano, il diverso nell’arte, il vero artista creativo opera all’unisono con Dio e con la Natura (creazione e opera d’arte di Dio), innestandosi nel flusso della vera Tradizione, lanciando messaggi di amore, speranza, vita positiva.
Ma tutto questo potrà avvenire soltanto se l’artista cristiano sarà umile verso Dio e gli altri, sintonizzando il suo rapporto con l’universo, che lo circonda e che è dentro di lui, nell’ascolto e nella comprensione.
Ascoltando Dio, la Natura, il prossimo potrà comprendere il fine della sua arte , che non è falsità, superbia e mercificazione, ma principalmente verità, carità e servizio.
Grazie alla Provvidenza divina al di fuori dei canali artistici dominanti e di mercato esiste tutta una produzione artistica legata ai veri valori della vita cristiana che opera diffusamente a livello locale con ottimi risultati.
Lo Spirito Santo agisce incessantemente nei cuori degli artisti cristiani per indicargli la via dell'amore e della vita, per far comprendere che l’Umiltà è la base delle virtù cristiane come ci insegna San Giuseppe, e che senza Umiltà non ci potrà mai essere una vera Arte Cristiana.


10° parte - Rivelazione e apostolato
Dio si rivela agli uomini mediante i suoi disegni provvidenziali, le opere che compie, l’ispirazione di alcuni cosiddetti profeti, per indicare loro la via della salvezza.
Con la venuta di Gesù Cristo, con l’incarnazione del Figlio di Dio, la rivelazione si attua nella sua pienezza. Egli contiene in sé il regno e la salvezza che annunzia ed è la rivelazione vivente di Dio. Dice Gesù (Mt 11,27) “…Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare…”.
Gesù ha rivelato la verità e l’ha affidata ad alcuni uomini di fede che lo hanno seguito, gli apostoli, per divulgarla al mondo intero. Dice Gesù agli apostoli (Lc 10,16) “…Chi ascolta voi, ascolta me…”. Agli apostoli affida la missione di comunicare il Vangelo agli altri uomini del mondo intero.
In questa missione gli apostoli, testimoni di Dio e Chiesa vivente, sono sostenuti dall’azione fortificante dello Spirito Santo, che li illumina fin dalla Pentecoste nella comprensione delle Scritture e dell’esistenza di Gesù Cristo, incarnazione di Dio.
Ma la rivelazione sarà perfetta soltanto negli ultimi tempi, al termine della storia della salvezza; ora le realtà divine sono ancora velate sotto segni, allora il Figlio dell’uomo si rivelerà nella sua gloria.
In questo contesto di rivelazione e apostolato si colloca e si comprende l’Arte Cristiana. Ogni artista veramente cristiano è chiamato alla missione di divulgare la rivelazione di Dio, di esprimere attraverso segni, parole, immagini il mistero dell’incarnazione di Dio, di tradurre in maniera comprensibile all’animo umano il dono di amore e comunione della Santissima Trinità.
Non può esserci una vera Arte Cristiana senza una vera Fede Cristiana , non può esserci artista cristiano senza una profonda intuizione della rivelazione cristiana, non può esserci un buon cristiano senza una buona opera di apostolato.
Chi ha conosciuto Cristo vive nell’anelito di annunziare il Vangelo, la Buona Novella, anche agli altri, di far conoscere la Bontà di Dio, di essere testimone del Risorto.
In tal senso tutta l’Arte Cristiana vive e attinge la sua linfa vitale dal connubio di rivelazione e apostolato.
Ciò conferma lo stretto legame che esiste nell’artista cristiano tra intuizione artistica e ispirazione dello Spirito Santo : è soltanto nello Spirito di Dio che può nascere una vera Arte Cristiana, e questo può avvenire soltanto se l’artista ha la purezza del cuore per farsi attraversare e penetrare dalla Luce di Dio, se ha coltivato le virtù cristiane come caratteristiche proprie della sua arte rivelatrice e, nell’annunzio, santificante.


11° parte - Carità come finalità dell'Artista Cristiano
La condizione necessaria ed essenziale per essere o diventare un artista veritiero e buono di Arte Cristiana è la Carità. Come si evince dalle parole di S. Paolo nella 1° Lettera ai Corinzi(13,1) : …se non avessi la carità, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna…”.
La Carità è unità di amore verso Dio e verso il prossimo: non sono due atteggiamenti diversi ma l’amore è unico. La Carità fraterna è la realizzazione di ogni esistenza cristiana, è in definitiva l’unico comandamento : “Chi non ama il fratello che vede, non può amare quel Dio che non vede” (1Gv 4,20). Da ciò risulta chiaro che non esiste che un unico amore.
Con la Carità noi amiamo i nostri fratelli ad imitazione di Dio, e contemporaneamente manifestiamo la meravigliosa opera di Dio in noi. Come Gesù ha amato noi così noi amiamo il prossimo, senza alcun tornaconto, gratuitamente, in maniera universale, senza distinzioni, non disprezzando nessuno, amando anche i nemici, esprimendo il perdono senza limiti e rendendo bene per male.
Solo così può sorgere in noi il vero spirito cristiano, uno spirito d’amore e di armonia, che dona gioia e pace, uno spirito di servizio nei riguardi dei nostri fratelli indistintamente. Nell’amare il prossimo ci confrontiamo con la volontà di Dio ed il suo modo tipico di rapportarsi agli uomini. Da qui nasce anche quel particolare modo di relazionarsi al mondo che è proprio di un artista cristiano e che ha come principio la Carità.
L’artista cristiano percepisce, sente ed esprime la Carità che è da Dio e che è nel mondo, tra gli uomini, nella natura e in tutta la creazione. Si sente responsabile dell’essere testimone di Cristo, comprende che la sua libertà creativa non può essere vissuta in maniera egocentrica, ma vive partecipe nel tessuto comunitario, in rapporto strettissimo con i fratelli, solidale e interdipendente, impegnato a promuovere la crescita del fratello e la maturazione della comunità.
Disse a riguardo l’allora Cardinale Joseph Ratzinger nell’Omelia ai funerali di don Giussani : “ Per essere una vera libertà umana, una libertà nella verità, la libertà ha bisogno della comunione. Una libertà isolata, una libertà solo per l’io, sarebbe una menzogna…La libertà per essere vera ha bisogno della comunione…della comunione con la verità stessa, con l’amore stesso, con Cristo, col Dio trinitario. Così si costruisce comunità che crea libertà e dona gioia…”
La Carità cristiana fa uscire l’artista dal ripiegamento su se stesso, da una effimera concezione di libertà creativa, e lo coinvolge nel mondo dell’altro, delle sue debolezze e fragilità, lo sprona ad essere lievito di crescita e salvezza per la collettività, elemento costruttivo della Chiesa e quindi vivificatore del corpo di Cristo.
Da questa finalità legata alla Carità nascono le opere d’Arte Cristiana, opere in cui forma e contenuto raggiungono una profonda unità, generate dall’interno dal vero amore di Dio, opere al servizio della Chiesa e di Dio per la salvezza dell’umanità, opere che riflettono lo splendore della verità, che umilmente celebrano la creazione, redenzione e santificazione di tutti noi ad opera di Dio, il Misericordioso.


12° parte - Il Sacramento della Luce nell'Arte Cristiana
Da sempre l’Arte ha avuto la funzione di illuminare le coscienze degli uomini. L’artista rappresenta la coscienza dei popoli e della umanità intera, intesa come espressione interiore visibile e, quindi, comunicazione. Attraverso le opere d’arte l’artista trasmette la sua realtà interiore come riflesso della trascendenza della sua anima. Ma non tutti gli artisti e le opere realizzano una spiritualità positiva e costruttiva.
L’artista cristiano, che poggia su una fede salda, robusta e profonda nella SS. Trinità, si rende testimone con la sua arte del messaggio di salvezza del Vangelo di Gesù Cristo, viene ispirato nelle sue migliori opere d’arte dallo Spirito Santo, fonte di grazia e Luce infinita, creando liberamente opere in armonia con la volontà di Dio.
Esaminiamo ora il pensiero di Ugo di San Vittore, tra i massimi teologi della cristianità del XII secolo , a proposito del Mistero (Sacramento) della Luce:
“…La grazia divina è illuminazione in se stessa e i doni della grazia sono in se stessi astri che illuminano chi ne partecipa. E ogni grazia così discende da una stessa sorgente come ogni illuminazione da uno stesso astro; sono molti raggi ed è un solo astro. E l’unico astro irradia se stesso per illuminare i molti; e i molti illuminati sfolgorano, e non si vede che un solo astro, e si fanno un solo astro in un solo astro…”.
Riportando questo brano al discorso sul rapporto tra Arte Cristiana e Luce Divina è chiaro che una vera Arte Cristiana non può prescindere da una illuminazione divina , generata dalla Grazia Divina, che compenetra ogni artista cristiano e la sua fede.
Continua Ugo di San Vittore sull’argomento del Sacramento della Luce:
“…Iniziando Dio la sua opera da portare a compimento, prima creò la luce per creare poi ogni altra cosa nella luce. Ci significò così che Egli non ama le opere fatte nelle tenebre, perché sono cattive. (Giovanni 3,20-21). Per ciò Egli che avrebbe operato verità non volle agire nelle tenebre ma venne alla luce, e creò la luce, per svelarsi nella luce. Poiché non creò la luce per vedere mediante la luce ma per svelare mediante la luce le sue opere divine. E perciò (sta scritto che) (Genesi 1,31). Sta in ciò che ora ho detto la ragione per la quale Dio creò la luce prima (di ogni altra cosa)…”.
In questo secondo brano emerge la grandezza di Dio che opera nella Luce . Di riflesso, rapportato questo discorso all’artista cristiano, significa che ogni opera d’arte cristiana può essere compartecipe della Bellezza del Creato di Dio solo se opera nella Luce di Dio.
Ma,…chiariamo a questo punto cosa si intende per Luce Divina : è semplice, l’Amore infinito di Dio che illumina ogni cosa.
Tutto è nel suo amore , tutto è dal suo amore , tutto è per il suo amore ! Non può esistere una vera Arte Cristiana che prescinda dallo splendore della Bellezza dell’Amore di Dio !
Ora un altro scritto di Ugo di san Vittore sul sacramento delle opere divine nella Luce:
“…Mi pare che qui ci si proponga un grande sacramento poiché chi sta nel peccato è come in tenebre e confusione. Né riesce a sfuggire dalla sua confusione e disporsi all’ordine della giustizia e alla forma se prima non è illuminato per vedere i suoi mali e discernere la luce dalle tenebre, cioè la virtù dai vizi, per disporsi all’ordine e conformarsi alla verità. Cosa che non può fare chi sta nella confusione senza luce, e perciò è necessario che prima sia fatta la luce affinché veda se stesso e conosca il turpe orrore della sua confusione e ne esca fuori e si rivolga alla disposizione razionale e all’ordine della verità. Dopo che saranno state ordinate tutte le sue cose e disposte secondo il modello della ragione e la forma della sapienza, allora comincerà a splendere per lui (Malachia 4,2 / Luca 1,78). Secondo che è detto nella promessa (Matteo 5,8). Dunque, prima si crea la luce nel mondo razionale del cuore umano ed è illuminata la confusione per essere condotta all’ordine e poi, allora che è stata purificata la sua interiorità, viene la luce del chiaro sole e l’illumina. Poiché non è degno di contemplare il sole d’eternità chi non è ancora mondo e purificato. Così la legge precedette la grazia (Giovanni 1,17) la lettera lo spirito (2,Corinzi 3,6) ; così Giovanni precorse il Cristo, la luce precorse la luce (Giovanni 1,8-9) la lucerna il sole (Giovanni 5,35; 8,12). Cristo stesso prima mostrò la sua umanità e poi rivelò la sua divinità. Dovunque la luce è preceduta dalla luce. Luce che illumina i peccatori a giustizia, quella luce che illumina i giustificati a beatitudine…”
E’ chiaro , l’artista cristiano deve percorrere un cammino di purificazione nella luce, trasformare la sua interiorità , divenire un essere in armonia con l’ordine di Dio : solo allora potrà contemplare in pienezza la Luce di Amore di Dio.
Come Dante che attraversa tutti gli stati dell’umanità , dalla corruzione infernale , alla redenzione-purificazione per giungere poi all’illuminazione della contemplazione dello splendore di Dio. Solo dopo un lungo cammino, il divin poeta raggiunge, rimanendone abbagliato, la Luce Divina, solo allora potrà narrare il suo canto di poeta cristiano ispirato per annunciare all’umanità la Bellezza dell’Amore di Dio, unico fine che dà senso alla nostra vita e alla nostra arte.
Segue ora un altro brano di Ugo di San Vittore sulla Luce Divina:
“…Questa è la luce per cui bisogna che anche noi vediamo ogni luce se è cosa buona; poiché non sapremo giudicare la luce se è cosa buona sino a quando non saremo illuminati da questa luce che è davvero buona (1Corinzi 2,15). E se davvero (Romani 8,9) non ci inganneranno spiriti d’errore, neanche se vengono a noi nella luce, perché avremo in noi la luce nella quale ci sarà chiaro d’ogni luce se è o non è cosa buona…Ché lo spirituale giudica ogni cosa senza esser giudicato da nessuno perché (1Corinzi 2,10) e (1Giovanni 2,27)…”.
L’artista cristiano deve saper discernere il buono dal cattivo nell’Arte, ciò che è secondo lo Spirito di Dio e ciò che ne è contrario, ciò che è nella Luce di Dio ed irradia la Sua Luce , e ciò che ne è contrario. In questo discernimento e intuizione l’artista cristiano è illuminato da Gesù Cristo, che è la Via , la Verità e la Vita. Solo così ogni sua opera d’arte sarà frutto dell’Amore di Dio che coabita nel suo cuore, nella parte più vera ed interiore di sé, radicata armonicamente in tutto ciò che è buono alla presenza di Dio.
Infine richiamiamo qui un brano di Ugo di San Vittore sulla cautela nel discernimento dell’opera buona come prima è stata intesa e significata:
“…Sta attento qui quale cautela ti occorre per fare l’opera buona. Al principio di ogni tua opera guarda d’avere la luce in te perché tutte le opere siano opere di luce e non di tenebre. Poi considera diligentemente se la tua luce è pura e non è offuscata, e se ti risulta che è buona insisti dal separarla dalle tenebre e chiama luce il giorno e tenebre la notte. Quindi guarda se le opere che fai nella luce sono anch’esse buone, non far passare alcuna tua opera senza un giudizio sì da vagliare tutto ciò che compi. Dunque, il giudizio è doppio. Primo, queste in cui si giudica la luce e si vede se è cosa buona per separarla dalle tenebre; secondo, quello in cui si giudicano le stesse opere fatte nella luce e si vede se anch’esse sono buone…”.
Concludendo questa breve riflessione sul Sacramento della Luce - intesa come Sapienza e Amore di Dio che per grazia ci viene donato - guidati dal pensiero teologico di Ugo di San Vittore, risulta evidente che non ci potrà essere una vera Arte Cristiana ed un vero Artista Cristiano , se entrambi non si innestano nella Luce infinita del vero Amore di Dio .
Nota: le citazioni di Ugo di San Vittore sono tratte dal libro : La Luce, testi dal I sec. Al sec. XV, a cura di Crispino Valenziano , Libreria Editrice Vaticana, 2002.


13° parte - Arte e Virtù Cristiane : l'Artista Santo
E’ essenziale per una vera Arte Cristiana e per l’Artista Cristiano avere uno strettissimo rapporto con le Virtù Cristiane. Per sviluppare tale argomentazione ci rifaremo al Catechismo della Chiesa Cattolica, che meglio di qualsiasi altro scritto o disposizione definisce ed esplica il significato delle Virtù Cristiane ed il loro ambito applicativo.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si parla delle Virtù dove si descrive della “Vita in Cristo” e quindi della vocazione dell’uomo come “vita nello Spirito”, vocazione che determina la dignità della persona umana e il suo anelito all’unione con Dio.
Richiamiamo ora alcuni brani del Catechismo a riguardo delle Virtù :
LE VIRTU'
1803 « Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri » (Fil 4,8).
La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete:
« Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio ».
I. Le virtù umane
1804 Le virtù umane sono attitudini ferme, disposizioni stabili, perfezioni abituali dell'intelligenza e della volontà che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede. Esse procurano facilità, padronanza di sé e gioia per condurre una vita moralmente buona. L'uomo virtuoso è colui che liberamente pratica il bene.
Le virtù morali vengono acquisite umanamente. Sono i frutti e i germi di atti moralmente buoni; dispongono tutte le potenzialità dell'essere umano ad entrare in comunione con l'amore divino.
Distinzione delle virtù cardinali
1805 Quattro virtù hanno funzione di « cardine ». Per questo sono dette « cardinali »; tutte le altre si raggruppano attorno ad esse. Sono: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. « Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza » (Sap 8,7). Sotto altri nomi, queste virtù sono lodate in molti passi della Scrittura.
1835 La prudenza dispone la ragione pratica a discernere, in ogni circostanza, il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo.
1836 La giustizia consiste nella volontà costante e ferma di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto.
1837 La fortezza assicura, nelle difficoltà, la fermezza e la costanza nella ricerca del bene.
1838 La temperanza modera l'attrattiva dei piaceri sensibili e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati.
Le virtù e la grazia
1810 Le virtù umane acquisite mediante l'educazione, mediante atti deliberati e una perseveranza sempre rinnovata nello sforzo, sono purificate ed elevate dalla grazia divina. Con l'aiuto di Dio forgiano il carattere e rendono spontanea la pratica del bene. L'uomo virtuoso è felice di praticare le virtù.
1811 Per l'uomo ferito dal peccato non è facile conservare l'equilibrio morale. Il dono della salvezza fattoci da Cristo ci dà la grazia necessaria per perseverare nella ricerca delle virtù. Ciascuno deve sempre implorare questa grazia di luce e di forza, ricorrere ai sacramenti, cooperare con lo Spirito Santo, seguire i suoi inviti ad amare il bene e a stare lontano dal male.
II. Le virtù teologali
1812 Le virtù umane si radicano nelle virtù teologali, le quali rendono le facoltà dell'uomo idonee alla partecipazione alla natura divina. Le virtù teologali, infatti, si riferiscono direttamente a Dio. Esse dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Hanno come origine, causa ed oggetto Dio Uno e Trino.
1813 Le virtù teologali fondano, animano e caratterizzano l'agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell'anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell'azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell'essere umano. Tre sono le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità.
1842 Per la fede noi crediamo in Dio e crediamo tutto ciò che egli ci ha rivelato e che la Chiesa ci propone da credere.
1843 Per la speranza noi desideriamo e aspettiamo da Dio, con ferma fiducia, la vita eterna e le grazie per meritarla.
1844 Per la carità noi amiamo Dio al di sopra di tutto e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio. Essa è « il vincolo di perfezione » (Col 3,14) e la forma di tutte le virtù.
1829 La carità ha come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza; suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica; è amicizia e comunione:
« Il compimento di tutte le nostre opere è l'amore. Qui è il nostro fine; per questo noi corriamo, verso questa meta corriamo; quando saremo giunti, vi troveremo riposo ».
III. I doni e i frutti dello Spirito Santo
1830 La vita morale dei cristiani è sorretta dai doni dello Spirito Santo. Essi sono disposizioni permanenti che rendono l'uomo docile a seguire le mozioni dello Spirito Santo.
1831 I sette doni dello Spirito Santo sono la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio. Appartengono nella loro pienezza a Cristo, Figlio di Davide. Essi completano e portano alla perfezione le virtù di coloro che li ricevono. Rendono i fedeli docili ad obbedire con prontezza alle ispirazioni divine.
« Il tuo Spirito buono mi guidi in terra piana » (Sal 143,10).
« Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. [...] Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo » (Rm 8,14.17).
1832 I frutti dello Spirito sono perfezioni che lo Spirito Santo plasma in noi come primizie della gloria eterna. La tradizione della Chiesa ne enumera dodici: « amore, gioia, pace, pazienza, longanimità, bontà, benevolenza, mitezza, fedeltà, modestia, continenza, castità » (Gal 5,22-23 vulg.).
Da tutto ciò si vede chiaramente che l’Arte Cristiana e il suo artefice, l’Artista Cristiano, non possono prescindere da un preciso riferimento alle Virtù.
Nella "Lettera agli Artisti" di Giovanni Paolo II si legge : "...La bellezza è in un certo senso l'espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della bellezza...". Questo rapporto tra bellezza e bene è fondamentale nel campo dell'Arte Cristiana, significa collegare lo splendore dell'arte alle virtù cristiane, attivarsi per una santificazione dell'arte.
In effetti, come nella rappresentazione dei santi necessita un richiamo allo splendore e alla bellezza con il simbolo dell'aureola luminosa e dorata , così anche per le opere d'arte cristiana occorrerebbe trasmettere la presenza di virtù trascendenti, l'incarnazione dell'Essere, far avvertire una immateriale aureola luminosa che dona splendore e significato all'opera stessa.
Ancor più l’Artista deve approfondire ed esercitare le virtù cristiane in modo eroico , per pervenire a quella santità di vita che diventa humus fecondo di opere partecipi e congruenti con la missione dello Spirito Santo, che lavora instancabilmente per la nostra salvezza e santificazione.
Solo allora le nostre opere d’Arte Cristiana potranno assumere tutte quelle caratteristiche che di diritto le renderanno parte di quei “frutti” dello Spirito Santo che anticipano, trasfigurando la materia informe, la gloria eterna del Regno di Dio, e che a loro volta seminano, nel terreno buono dei fruitori delle opere, messaggi di pace e amore secondo l’insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo.
Concludendo, il perfetto Artista Cristiano dovrebbe essere quindi l' " Artista Santo " , colui che ha esercitato in modo eroico le virtù cristiane, trasfigurando la materia del mondo in immagine della Bellezza di Dio, e che ha fatto della sua vita stessa una meravigliosa " Opera d'Arte Cristiana Vivente ".

14° parte - Libertà e Incarnazione : essenza dell'Arte Cristiana
L’artista per poter esprimere il meglio di sé deve trovarsi in una condizione di piena libertà, non può essere ancorato a remore che ostacolino il suo spirito creativo, la sua intuizione poetica, la sua ispirazione “illuminata”.
Spesso, e ancor più negli ultimi tempi, sembra che l’artista per raggiungere la sua libertà debba essere per forza un anarchico, un controcorrente, un esperto di controcultura , un aspetto questo che affonda il suo comportamento nella figura del bohémien romantico o del poeta maledetto dell’ottocento.
Si allontana dalla legge morale, tende alla trasgressione di principio, ripudia la quotidianità, e così facendo si fa schiavo di sé stesso e della sua arte narcisistica, egotista, spezzando la fraternità con i suoi simili e - di conseguenza – ribellandosi alla volontà di amore di Dio. Tutto questo è vero in generale, anche se ci sono le dovute e sofferte eccezioni.
Essere libero non implica il diritto di dire e fare qualsiasi cosa : si cade nell’errore e nel peccato di orgoglio di sentirsi autosufficienti e di avere come unico fine il proprio interesse ed il proprio piacere.
Si perde in tal maniera tutta la funzione sociale dell’arte, costruttiva di una coscienza del bene comune, di difesa di valori antropo-strutturali della civiltà, cadendo facilmente in utopiche quanto evanescenti chimere.
E qui riappare in tutta la sua luce l’importanza del connubio della vera libertà con il mistero dell’incarnazione di Dio.
L’uomo che si affida a sé stesso ha una concezione della libertà limitata e fallibile. Rifiutando il disegno d’amore di Dio si è auto-ingannato ed è divenuto schiavo del peccato. Dio ha donato all’uomo il potere di “agire o non agire” , di deliberare se “fare il bene o il male”.
Benché la nostra libertà è intaccata a causa del primo peccato e indebolita ancor più dai peccati successivi, noi sappiamo che “…Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi…” (Gal 5,1). Con la sua croce gloriosa Cristo ha ottenuto la salvezza di tutti gli uomini. In Lui abbiamo comunione con la verità che ci fa liberi (Gv 8,32). Con la sua grazia lo Spirito Santo ci conduce alla libertà spirituale, per farci suoi liberi collaboratori nella Chiesa e nel mondo . Scrive S.Paolo “…dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà…” (2Cor 3,17).
“…Quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi. La libertà raggiunge la propria perfezione quando è ordinata a Dio, sommo Bene e nostra Beatitudine…”.
In tal senso la grazia di Cristo non contrasta la nostra libertà personale, anzi la alimenta quando questa è in sintonia con il vero, il buono e il giusto che Dio ha messo nel cuore di ogni essere umano.
E’ in questo modo che avviene l’unione in Dio della nostra libertà con il mistero dell’incarnazione. Rendendoci simili al Figlio di Dio, incarnando lo Spirito di Dio, uniformiamo la nostra volontà alla volontà di Dio pur conservando nell’azione, e nel caso specifico nell’arte, la nostra personale e caratteristica intuizione artistica.
In altre parole, l’artista cristiano realizzando le sue opere d’arte in armonia con la volontà di Dio e quindi con il bene comune, perviene ad una Arte Cristiana in sintonia con l’essenza integrale del suo essere persona libera e responsabile, ma che contemporaneamente è espressione organica e veritiera dello splendore e bellezza dell’Amore di Dio.
N.B. : le citazioni sono tratte dal Catechismo della Chiesa Cattolica (Parte Terza, 1°Sez., Cap.1°, Art.3: La libertà dell’uomo), Libreria Editrice Vaticana ,1992.

15° parte - L'Arte Cristiana è l'Arte del Risorto !
Siamo arrivati al quindicesimo e ultimo capitolo di questa serie di riflessioni per definire il vero significato di un’Arte Cristiana.
Abbiamo iniziato con il definire Gesù Cristo come il fondamento dell’Arte Cristiana, terminiamo con il definire l’Arte Cristiana come l’Arte del Risorto .
Gesù è l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine dell’Arte Cristiana.
L’Arte Cristiana è l’Arte dei Risorti in Cristo , l’Artista Cristiano non può essere altro che un uomo Risorto in Cristo. Tutta l’Arte Cristiana ruota intorno al tema della Risurrezione, di Gesù e di noi tutti figli di Dio.
Gesù è in persona “ la risurrezione e la vita: chi crede in lui, anche se è morto, vivrà “ (Gv 11,25).
« Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede [...]. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti » (1 Cor 15,12-14.20).
« Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi » (Rm 8,11).
“Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria.” Col 3,1-4







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Indice

1° - Gesù Cristo fondamento dell'Arte Cristiana
2° - Il bello , il buono , il vero
3° - Escatologia e sintropia
4° - Arte Cristiana come lode a Dio
5° - L'Arte Cristiana è un "cammino"
6° - La funzione e la forma nell'Arte Cristiana
7° - "Ab intra ad extra" - Dall'interno all'esterno
8° - La Bibbia "sorgente viva" dell'Arte Cristiana
9° - L'Arte Cristiana è umile
10° - Rivelazione e apostolato
11° - Carità come finalità dell'Artista Cristiano
12° - Il Sacramento della Luce nell'Arte Cristiana
13° - Arte e Virtù Cristiane : l'Artista Santo
14° - Libertà e Incarnazione : essenza dell'Arte Cristiana
15° - L'Arte Cristiana è l'Arte del Risorto !



Concludiamo il capitolo e l’intera argomentazione sulla definizione di Arte Cristiana con una appendice costituita da una serie di citazioni sul tema della Risurrezione e con una breve Preghiera a Dio per la nostra salvezza e risurrezione.
 



Appendice :
 

Citazione a) : Voce Risurrezione , dal testo di J. Radermakers – P. Grelot , tratto da La Bibbia , edita da Marietti
“…L’idea biblica di risurrezione non è paragonabile in nulla all’idea greca di immortalità. Secondo la concezione greca , l’anima dell’uomo , incorruttibile per natura, entra nell’immortalità divina non appena la morte l’ha liberata dai legami del corpo.
Secondo la concezione biblica, tutta la persona umana è votata per la sua condizione presente a cadere in potere della morte: l’anima diventerà prigioniera dello sheol , mentre il corpo marcirà nel sepolcro; ma questo sarà soltanto uno stato transitorio, da cui l’uomo risorgerà vivo per una grazia divina. Formulata già nell’Antico Testamento, l’idea è divenuta il centro della fede e della speranza cristiana dopo che Cristo è ritornato egli stesso alla vita, in qualità di “primogenito di tra i morti”…
…Gesù non crede soltanto alla risurrezione dei giusti nell’ultimo giorno. Egli sa che il mistero della risurrezione dev’essere da lui inaugurato, cui Dio ha dato il dominio della vita e della morte…il figlio dell’uomo deve morire e risuscitare il terzo giorno…
Fin dal giorno della Pentecoste, la risurrezione diventa il centro della predicazione apostolica, perché in essa si rivela l’oggetto fondamentale della fede cristiana (At 2,22-35). Questo vangelo di Pasqua è innanzitutto la testimonianza resa ad un fatto : Gesù è stato crocifisso ed è morto ; ma Dio lo ha risuscitato e per mezzo suo apporta agli uomini la salvezza…
…Gesù è in persona “ la risurrezione e la vita: chi crede in lui, anche se è morto, vivrà “ (Gv 11,25); questo motiva la nostra certezza di partecipare fin d’ora al mistero della nuova vita, che Cristo ci rende accessibile attraverso i segni sacramentali.
Contrariamente alle concezioni greche, in cui l’anima umana liberata dai legami del corpo va sola verso l’immortalità, la speranza cristiana implica una restaurazione integrale della persona; suppone nello stesso tempo una trasformazione totale del corpo, divenuto spirituale, incorruttibile ed immortale (I Cor 15,35-53). L’attesa di questa “redenzione del corpo” è tale che, per esprimerla, il linguaggio cristiano conferisce alla risurrezione una specie di imminenza perpetua (1 Ts 4,17).
L’Apocalisse delinea un quadro splendido della risurrezione dei morti (Ap 20,11-15). La morte e l’Ade li restituiscono tutti, affinché compaiano dinanzi al giudice, sia i cattivi che i buoni. Mentre i cattivi sprofondano nella “seconda morte”, gli eletti entrano in una nuova vita, in seno ad un universo trasformato che si identifica col paradiso primitivo e con la Gerusalemme celeste…” 
 
 
Citazione b) : dal Catechismo della Chiesa Cattolica www.vatican.va
CREDO LA RISURREZIONE DELLA CARNE»
988 Il Credo cristiano – professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante – culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna.
989 Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell'ultimo giorno. 556 Come la sua, anche la nostra risurrezione sarà opera della Santissima Trinità:
« Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi » (Rm 8,11). 557
990 Il termine « carne » designa l'uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. 558 La « risurrezione della carne » significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell'anima immortale, ma che anche i nostri « corpi mortali » (Rm 8,11) riprenderanno vita.
991 Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale della fede cristiana fin dalle sue origini. « Fiducia christianorum resurrectio mortuorum; illam credentes, sumus – La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali »: 559
« Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede [...]. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti » (1 Cor 15,12-14.20).
...
Risuscitati con Cristo
1002 Se è vero che Cristo ci risusciterà « nell'ultimo giorno », è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d'ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo:
« Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti [...]. Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio » (Col 2,12; 3,1).
1003 I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già realmente alla vita celeste di Cristo risorto, 577 ma questa vita rimane « nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3). « Con lui, [Dio] ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù » (Ef 2,6). Nutriti del suo Corpo nell'Eucaristia, apparteniamo già al corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell'ultimo giorno « allora » saremo anche noi « manifestati con lui nella gloria » (Col 3,4).
1004 Nell'attesa di quel giorno, il corpo e l'anima del credente già partecipano alla dignità di essere « in Cristo »; di qui l'esigenza di rispetto verso il proprio corpo, ma anche verso quello degli altri, particolarmente quando soffre:
« Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo. Dio poi che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? [...] Non appartenete a voi stessi. [...] Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1 Cor 6,13-15.19-20).


Citazione c) : testo tratto da Tertulliano, La risurrezione della carne, 8 – 9 , www.vatican.va
L'anima e il corpo, nella loro stretta unità, sono in rapporto a Dio
"La carne è il cardine della salvezza. Infatti se l'anima diventa tutta di Dio è la carne che glielo rende possibile! La carne vien battezzata, perché l'anima venga mondata; la carne viene unta, perché l'anima sia consacrata; la carne viene segnata della croce, perché l'anima ne sia difesa; la carne viene coperta dall'imposizione delle mani, perché l'anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché l'anima si sazi di Dio. Non saranno separate perciò nella ricompensa, dato che son state unite nelle opere.
Anche i sacrifici grati a Dio, le mortificazioni, cioè, i digiuni, i pasti consumati tardi e senza cibi liquidi, la trascuratezza esteriore dei penitenti, vien tutto compiuto dalla carne e a sue spese. Cosi l'osservanza della verginità e della castità vedovile, come l'unione coniugale apparente e con nascosta continenza (nozze di Giuseppe), sono sacrifici a Dio, consumati nella carne. Or su: che ne pensi di lei quando, per la fedeltà al nome cristiano, viene esposta al pubblico e deve combattere contro l'odio delle folle? Quando è macerata nelle carceri, in quell'orrenda privazione della luce, nella carenza di tutto il necessario, nello squallore, nella sporcizia, nell'obbrobrio; neppure libera di dormire, legata anche nel riposo e lancinata dallo stesso giaciglio? Dilaniata poi, alla luce, con ogni genere di tormenti, quando infine in pieno sole viene esposta al supplizio, vien costretta a dare il contraccambio a Cristo morendo per lui, e spesso sulla stessa croce o con altre pene ancor più atroci? O beatissima e gloriosissima carne, che può contraccambiare a Cristo per un debito cosí grande, tanto da dover essere a lui obbligata solo di averla fatta cessare di essere in debito; e ciò più nei vincoli che in libertà!
Perciò, per riassumere: quella che Dio ha strutturato con le sue mani facendone una propria immagine, quella che ha vivificato col suo spirito a somiglianza della sua vita, che ha preposto a tutta l'opera della sua creazione per abitarla, farla fruttificare e dominare; che ha rivestito con i suoi sacramenti e i suoi precetti; della quale ama la purezza, della quale approva la mortificazione, della quale apprezza le sofferenze: questa dunque non dovrebbe risorgere, che tanto appartiene a Dio? Non sia mai! La cura del suo pensiero, il vaso del suo soffio, la regina della sua creazione, l'erede della sua bontà, la sacerdotessa della sua religione, la combattente per la sua testimonianza, la sorella del suo Cristo! Sappiamo che Dio è buono e abbiamo appreso da Cristo che egli solo è ottimo; egli ci comanda l'amore al prossimo, dopo che a lui; egli farà certo ciò che lui stesso ha comandato: amerà la carne che in tanti modi gli è prossima, anche se è debole, perché la virtù si perfeziona nella debolezza (2 Cor. 12, 9); anche se inferma, perché i malati hanno bisogno del medico (Lc. 5, 31); anche se meschina, perché le nostre membra, meno oneste, le circondiamo di maggior onore (1 Cor. 12, 23); anche se perduta, perché io sono venuto a salvare ciò che era andato perduto (Lc. 19, 10); anche se peccatrice, perché preferisco la salvezza del peccatore che la sua morte (Ez. 18, 23); anche se dannata, perché io sono colui che colpisce e risana (Deut. 32, 39). Perché rivolgi i tuoi rimproveri alla carne, per ciò che aspetta Dio, per ciò che in lui spera, che da lui viene onorato e a cui egli soccorre? Oserei anzi dire che se ciò non fosse accaduto alla carne, la grazia, la misericordia, ogni influenza benefica di Dio sarebbero state vane."

 

citazione d) : tratto dal sito www.iconas.it

Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria. Col 3,1-4

Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. Gv 20,1-9
In un certo senso possiamo dire che un uomo diventa adulto quando tiene conto della morte. Ed è l’incontro con la morte, incontro inevitabile per tutti - un genitore, il coniuge, un parente, un amico – che forse più di tutto prova la nostra fede nella risurrezione. E purtroppo, dobbiamo riconoscerlo, tanti nostri riti religiosi, riti che dovrebbero esprimere questa fede al di là del dolore umano per la perdita di una persona cara, non parlano di risurrezione. Veramente molte volte, forse troppe volte, viviamo senza “aver compreso ancora le Scritture, che Egli cioè doveva risuscitare dai morti”. Lo spartiacque è qui, qui è ciò che fa la differenza. Non siamo cristiani perché crediamo al peccato, alla croce, alla sofferenza e alla morte ma perché crediamo al perdono, alla gioia, alla liberazione, alla vita, alla risurrezione. Paradossalmente la risurrezione di Gesù non conferma la fede ma la mette ancor più alla prova, infatti, come ci dice la prima lettura, è da essa che prende il via la nuova vita di colui che ha fede. La fede nella risurrezione è come il nocciolo intorno a cui si sviluppa e cresce una nuova vita, è il centro pulsante della nuova vita cristiana. E’ un punto cruciale talmente importante che in essa, dice S. Paolo, la nostra stessa vita ne viene coinvolta, assorbita, tramutata, fino ai comportamenti più semplici, banali, quotidiani. Viceversa se la vita è rinchiusa nelle tristezze delle proprie abitudini, nelle solitudini che appaiono invincibili, questo dice che non tutto è stato raggiunto dalla fede, non tutto è stato reso nuovo. Pasqua è perciò – etimologicamente, ma non solo - passaggio ad uno stato di vita nuovo, ed è forse il paragone più adeguato. E’ capacità d’amare in un modo nuovo, è rinnovamento, è forza vitale, è consolazione, è vittoria sul male e sulla morte. Libertà da – dalla schiavitù, dal peccato, dalla morte – che è in realtà libertà per – per il bene e per l’amore, per il servizio, per la fiducia e la speranza. Speranza, che deriva dalla fede nella risurrezione, infatti non è solo per “l’al di là”, essa è forza operante per il mondo d’oggi: certo non la si può mostrare che con le opere, ecco perché Paolo dice che è “nascosta”. La vita cambia, compie questo passaggio, quando sai, conosci (nel senso biblico di fare esperienza con tutto te stesso e non solo come conoscenza intellettuale) che la morte è stata sconfitta ed essa non è più l’ultima risposta di questa vita, non è più un ostacolo invalicabile e puoi perfino renderne testimonianza. La risurrezione è qui e ora e non soltanto nel domani radioso dei nuovi cieli e della nuova terra: noi siamo già in stato, in via di risurrezione. Con altre parole possiamo dire che alla base dell’esistenza cristiana sta precisamente un fatto: la solidarietà di destino con il Cristo morto e risorto. Comunque si spieghi questo, sia come processo di identificazione, come condivisione storica o sacramentale, esso mette in moto un nuovo dinamismo spirituale, quello che Paolo esprime con lo schema spaziale cielo/terra. Abbiamo mai fatto questa esperienza? La luce è mai penetrata anche nel più profondo intimo di noi stessi? Ha mai rischiarato anche le nostre profondità più inaccessibili? Ha vinto ogni nostra solitudine? La prima lettura dice proprio questo, è un invito ad una visione pasquale dell’esistenza. E’ qui che possiamo dire che la fede nella risurrezione risponde ai nostri problemi, al nostro oggi. Il cuore della fede è la speranza che ogni tristezza si muti in gioia e ogni morte in risurrezione, questo è il senso soprannaturale della fede. E ogni mancanza di fede è in fondo una mancanza di fede nella risurrezione, quando cioè non ti aspetti abbastanza da Dio. La tomba vuota, le apparizioni, cioè i segni, possono essere difficilmente interpretabili, (vedi più avanti il vangelo di Gv), possono trarre in inganno. Non così le Scritture. E’ la conoscenza di esse che porta alla fede in Colui che è risorto, ed è l’ignoranza di esse (nel senso etimologico del termine, “non conoscere”) che non fa percepire la realtà della vittoria sulla morte.

 
Citazione f) : La Risurrezione di Nostro Signore , di S.E. Mons. Mark A. Pivarunas, CMRI www.cmri.org/ital-96prog4.html
S. Pasqua 1996
Carissimi beneamati in Cristo,
La Risurrezione di Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è la festa più grande e più gloriosa dell’intero anno liturgico, proprio come la festa della pasqua ebraica era la festa più importante per gli Israeliti nel Vecchio Testamento.
La ragione è molto semplice: la Risurrezione di Nostro Signore è proprio il fondamento della Cristianità. Perché se, dopo la Sua morte, Gesù non fosse risorto, chi avrebbe avuto fede in Lui come il Messia promesso, il Redentore, il Figlio di Dio? Se Gesù non fosse risorto, oggi non ci sarebbe Cristianità. Se Gesù non fosse risorto, gli Apostoli e i discepoli non sarebbero andati a predicare la sua vita, morte e risurrezione, sigillando la verità della loro testimonianza col loro stesso sangue. Come ci dice S.Paolo nella prima Epistola ai Corinzi:
“E se Cristo non fosse risorto, la vostra fede sarebbe vana, perché sareste ancora nei vostri peccati” (1 Cor. 15:17).
Nondimeno, gli Apostoli e i discepoli di Cristo testimoniarono, fino al punto del supremo sacrificio delle loro vite, che essi davvero constatarono che Gesù Cristo risorse da morte. Umanamente parlando, gli Apostoli e i discepoli di Nostro Signore non avevano assolutamente nulla da guadagnare e tutto da perdere predicando Cristo e la Sua Risurrezione. Allora perché lo fecero? Lo fecero per la semplice ragione che erano stati presenti alla Sua Risurrezione.


 
Citazione g) : La Risurrezione , tratto dal sito www.silvestrini.org
«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Non è esagerato affermare che in queste parole di Gesù è contenuto il più grande annunzio della storia. Egli, non solo preannuncia la sua gloriosa risurrezione, ma si autodefinisce risurrezione e vita. Significa che nella sua divinità e nella sua umanità è insito un germe di immortalità e una fonte inesauribile di vita. Significa ancora che la sua stessa forza egli la vuole trasfondere nell'uomo come dono, vuole essere il garante della vita e la certezza della risurrezione per tutti noi. È l'annuncio di una vittoria totale ed insperata, una vera e propria rigenerazione dell'uomo, una vita nuova; è il superamento della paura della morte e del chiuso di una tomba e l'apertura piena del cielo e l'indicazione chiara della nostra meta finale. In una preghiera liturgica noi ringraziamo Dio perché ci dona molto di più di quanto osiamo sperare: come è vero ciò quanto riflettiamo sul dono dalla risurrezione e della vita! Il Signore pone una condizione indispensabile perché ognuno possa godere di questi suoi doni: dobbiamo vivere e credere in Lui. Ci vengono richieste le virtù della fede e dell'amore. È l'impegno a vivere in intimità di comunione con Cristo per passare dalla vita alla Vita. Il miracolo della risurrezione di Lazzaro nel contesto, lo leggiamo come un segno ed un aiuto per trovare ulteriore conferma nella fede. Sappiamo già ormai che Cristo è padrone e signore della vita, sappiamo che egli ha in se la forza di far tornare a vivere il suo amico, nel sepolcro da tre giorni e gia preda di una incipiente corruzione del suo corpo. Non ci sorprende più che la sua voce, le sue parole abbiano il potere di far tornare in vita: già pregustiamo la gioia ben più profonda di una risurrezione universale e finale che risuonerà il mattino di Pasqua. Questa è la nostra fede, questo è il dono immenso che Dio ci ha fatto, questa è la sorte che ci attende.



 

Terminiamo l'argomentazione sull'Arte Cristiana con questa Preghiera:
O Dio, il Tuo divino Figlio,
che si fece carne nel purissimo seno della Vergine Maria,
volle sperimentare tutte le debolezze della condizione umana
eccetto il peccato.
Concedici la grazia di seguire il Suo esempio,
per risorgere anche noi alla vita eterna
per mezzo della Sua Passione, Croce e Risurrezione.
Te lo chiediamo per mezzo dello stesso Gesù Cristo,
Tuo Figlio e nostro Signore,
che vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.








Fonte :
Il testo riporta una serie di articoli di Carlo Sarno sulla definizione di Arte Cristiana pubblicati tra il 2004/2005 sulla webrivista cattolica ARTCUREL : Arte , Cultura e Religione , www.artcurel.it 

Tali articoli sono stati anche  inseriti in una successiva pubblicazione dell'Autore : 
PER UNA DEFINIZIONE DI ARTE CRISTIANA , di Carlo Sarno, Campania Bella Editore, Cava de' Tirreni, 2008.


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