Papa Giovanni Paolo II così definisce che cos'è la vera Arte Cristiana nella Lettera Apostolica " Duodecimum Saeculum ":
"...L'arte per l'arte, la
quale non rimanda che al suo autore, senza stabilire un rapporto con il
mondo divino, non trova posto nella concezione cristiana dell'icona.
Quale che sia lo stile che adotta, ogni tipo di arte sacra deve
esprimere la fede e la speranza della Chiesa. La tradizione dell'icona
mostra che l'artista deve avere coscienza di compiere una missione al
servizio della Chiesa. L'autentica arte cristiana è quella che,
mediante la percezione sensibile, consente di intuire che il Signore è
presente nella sua Chiesa, che gli avvenimenti della storia della
salvezza danno senso e orientamento alla nostra vita, e che la gloria
la quale ci è promessa, trasforma già la nostra esistenza. L'arte sacra
deve tendere ad offrirci una sintesi visuale di tutte le dimensioni
della nostra fede. L'arte della Chiesa deve mirare a parlare il
linguaggio dell'Incarnazione ed esprimere con gli elementi della
materia colui che "si è degnato di abitare nella materia e operare la
nostra salvezza attraverso la materia", secondo la bella formula di San
Giovanni Damasceno...".
martedì, ottobre 30, 2018
Perché la liturgia? Cosa significa liturgia? a cura dell'Ufficio Liturgico del Pontefice
UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE
DEL SOMMO PONTEFICE
Perché la liturgia? Cosa significa liturgia? (CCC 1066-1070)
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), dopo la professione di
fede, sviluppata nella prima parte, si passa alla spiegazione della vita
sacramentale, nella quale Cristo è presente, attua e continua l'edificazione
della sua Chiesa. Infatti, se nella liturgia non emergesse la figura di
Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida,
non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e
sostenuta dalla sua presenza.
Quindi, esiste un rapporto intrinseco tra fede
e liturgia, entrambe sono intimamente unite. In realtà, senza la liturgia e i
sacramenti la professione di fede non avrebbe efficacia, perché mancherebbe
della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani. E «dall'altra parte,
l'azione liturgica non può mai essere considerata genericamente, a prescindere
dal mistero della fede. La sorgente della nostra fede e della liturgia
eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se
stesso nel Mistero pasquale» (Benedetto XVI,
Sacramentum Caritatis,
34).
Se apriamo il Catechismo nella sua seconda parte, si legge che la parola
“liturgia” significa originariamente «servizio da parte del popolo e in favore
del popolo». Nella tradizione cristiana vuole significare che il Popolo di Dio
partecipa all'«opera di Dio» (CCC, 1069).
In che cosa consiste questa opera di Dio alla quale noi partecipiamo? La
risposta del Catechismo è chiara e ci permette di scoprire l'intima
connessione esistente tra fede e liturgia: «Nel Simbolo della fede, la Chiesa
confessa il mistero della Santa Trinità e “il mistero della sua volontà,
secondo [...] la sua benevolenza” (Ef 1,9) su tutta la creazione: il Padre
compie il “mistero della sua volontà” donando il suo Figlio diletto e il suo
Santo Spirito per la salvezza del mondo e per la gloria del suo Nome» (CCC,
1066).
Infatti, «quest’opera della redenzione umana e della perfetta
glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine
operate nel popolo dell’Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore,
specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione,
risurrezione da morte e gloriosa ascensione» (CCC, 1067). È questo il mistero
di Cristo che la Chiesa «annunzia e celebra nella sua liturgia, affinché i
fedeli ne vivano e ne rendano testimonianza nel mondo» (CCC, 1068).
Per mezzo della liturgia «si effettua l'opera della nostra redenzione»
(Concilio Vaticano II,
Sacrosanctum Concilium, 2). Pertanto, come fu
inviato dal Padre, Cristo ha inviato gli Apostoli a predicare la redenzione e
ad «attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i
sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica» (ibid., 6 ).
Così vediamo che il Catechismo sintetizza l'opera di Cristo nel mistero
pasquale, che è il suo nucleo essenziale. E il nesso con la liturgia è ovvio,
poiché «attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote,
continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra
redenzione» (CCC, 1069). Quindi, questa «opera di Gesù Cristo», perfetta
glorificazione di Dio e santificazione degli uomini, è il vero contenuto della
liturgia.
Questo è un punto importante perché, sebbene l'espressione e il contenuto
teologico-liturgico del Mistero pasquale dovrebbero ispirare lo studio
teologico e la celebrazione liturgica, non è sempre stato così. Infatti, «la
maggior parte dei problemi collegati all'applicazione concreta della riforma
liturgica ha a che fare con il fatto che non è stato tenuto sufficientemente
presente il peso dato dal Concilio Vaticano II alla Pasqua […]. Pasqua
significa inseparabilità della Croce e della Risurrezione [...]. La Croce sta
al centro della liturgia cristiana, con tutta la sua serietà: un ottimismo
banale che nega la sofferenza e l'ingiustizia nel mondo e riduce l'essere
cristiani all'essere cortesi non ha nulla a che fare con la liturgia della
croce. La redenzione è costata a Dio la sofferenza di suo Figlio, la sua
morte, e l’“exercitium” della redenzione, che, secondo il testo
conciliare, è la liturgia, non può avvenire senza le purificazioni e le
maturazioni che vengono dalla sequela della croce» (J. Ratzinger / Benedetto
XVI, Teologia della liturgia, LEV, Città del Vaticano 2010, pp.
775-776).
Questo linguaggio si scontra con quella mentalità incapace di accettare la
possibilità di un reale intervento divino in questo mondo, in soccorso
dell'uomo. Quindi, «la confessione di un intervento redentore di Dio per
cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti
condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a
proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio
redentore. Più accettabile, ai loro occhi, sarebbe la celebrazione di un
segnale che corrispondesse a un vago sentimento di comunità. Il culto però non
può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una
semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci
mostri come possiamo adorarlo. “La Chiesa può celebrare e adorare il mistero
di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato
per primo ad essa nel sacrificio della Croce” (Benedetto XVI,
Sacramentum
Caritatis, 14). La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion
d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero»
(Benedetto XVI,
Discorso del 15.04.2010).
Questa è la meraviglia della liturgia che, come ricorda il Catechismo, è
culto divino, annuncio del Vangelo e carità in azione (cf. CCC, 1070). È Dio
stesso che agisce e noi siamo attratti da questa sua azione, per essere
trasformati in Lui.
Fonte : http://www.vatican.va/news_services/liturgy/details/ns_lit_doc_20120111_perche-liturgia_it.html
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